{{IMG_SX}}Arezzo, 29 giugno 2008 - Indaga sull’ipotesi di truffa la procura di Milano che ha avviato un’inchiesta sul fronte degli 899 e delle frodi telefoniche. E’ un filone del tutto autonomo che nasce però in parallelo all’operazione Premium coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Firenze sotto la guida dei pm Paolo Canessa e Giulia Monferini. Operazione choc, almeno per quanto riguarda Arezzo: ha infatti portato all’arresto di Piero Mancini, industriale di primo piano, a capo di un gruppo che dà lavoro a tremila persone e che fattura trecento milioni di uero l’anno. Con il presidente dell’Arezzo è finito in carcere anche il nipote, Giovanni Cappietti, per il suo ruolo di amministratore in Fly Net, la società telefonica (tra le più piccole del gruppo Mancini) nel mirino della Dda. Adesso la notizia dell’indagine bis.

 

Mancini (nella foto) è indagato per truffa, articolo 640 del codice penale. Ma la novità del giorno è che ancora una volta il provvedimento non riguarda solo il patron amaranto, arriva a colpire pure il nipote, raggiunto da un avviso di garanzia. Né è finita qui. Da indiscrezioni che trapelano, l’inchiesta si starebbe allargando a macchia d’olio. Gli agenti della Polizia Postale, su cui la procura milanese si appoggia, avrebbero effettuato controlli in altre società, di piccole dimensioni, sempre operanti nel settore della telefonìa. Il meccanismo degli 899, di questa autentica giungla dei numeri premium, è ancora al centro dell’attenzione. L’ipotesi è che attraverso tale numerazione, insieme agli altri numeri consimili, siano state effettettuate truffe nei confronti degli utenti.

 

Tornando a Mancini, lui ha già respinto seccamente ogni coinvolgimento. "Noi siamo i truffati", ha detto davanti al carcere di San Benedetto, subito dopo aver lasciato la cella su disposizione del Gip. Il presidente amaranto è adesso ai domiciliari nella sua dimora della Rassinata, mentre è in libertà Giovanni Cappietti. Mancini ha difeso a spada tratta il nipote come ha difeso gli altri due dipendenti della Fly Net arrestati, Andrea Lanari e Umberto Pesini, quest’ultimo peraltro dimissionario dall’azienda alcuni mesi fa prima di trasferirsi in Sicilia (dove è finito in manette, nei dintorni di Catania».

 

"Io e loro vittime - ha spiegato il presidente - di un meccanismo del quale ignoravamo l’esistenza. Non ho mai conosciuto gli altri 14 arrestati, a parte Contini con cui, però, non ho mai preso neppure un caffè". Mancini si è anche sicuro che l’estraneità della Fly Net ai fatti contestati dalla Dda, verrà al più presto confermata.