{{IMG_SX}}Arezzo, 3 maggio 2008 - Sono entrambi figli di re e aspiranti re. Toccherà a un giudice aretino, un giudice della repubblica che ha ridotto tutti e due a semplici cittadini, deciderà chi fra Amedeo d’Aosta e Vittorio Emanuele abbia il legittimo diritto di aspirare a un titolo, quello di re d’Italia, che di questi tempi conta meno di un re delle carte da ramino. Sì, tutto avrebbe pensato nella vita Danilo Sestini, uno dei magistrati più apprezzati della sezione civile del tribunale, meno che di diventare arbitro di una contesa in cui c’è in discussione il fantomatico trono d’Italia nonchè il titolo di capo della casa reale. E tutto avrebbero pensato gli aretini, che pure Amedeo sono abituati a vederlo per strada, come uno di loro, meno che il loro tribunale divenisse la sede in cui si decide una controversia vecchia di decenni.


Almeno vent’anni, da quando i due cugini cominciarono a lanciarsi insulti sui giornali, accusandosi l’uno con l’altro di essere mediatori di suini. Allora, uno, Vittorio Emanuele, era ancora in Svizzera, colpito dall’interdetto, poi revocato, della costituzione che lo condannava all’esilio, l’altro, Amedeo, viveva invece nella tenuta del 'Borro', acquistata dal nonno Emanuele Filiberto, pure lui duca d’Aosta, poi venduta ai Ferragamo. Ciabattini dei re nella prima generazione e ora diventati più prestigiosi e persino più ricchi dei Savoia.

 


Ecco, Savoia: proprio il cognome è l’argomento dell’ultima controversia fra Vittorio Emanuele, figlio di Umberto, il Re di Maggio, e Amedeo, erede invede di Aimone, re di Croazia, seppure per pochi mesi, durante l’ultima guerra. Il primo sostiene che il duca d’Aosta, che vive ora a Meliciano di Castiglion Fibocchi, non ha diritto a chiamarsi Savoia, ma che dovrebbe aggiungerci una lineetta e un Aosta: Savoia-Aosta.



Questione di lana caprina? Neppure per idea. Perchè il cognome, lo si capisce chiaramente dall’atto di citazione di Vittorio Emanuele, una cinquantina di pagine, è l’anticamera dalla quale si accede al titolo di capo della casa reale e quindi di pretendente al trono. Chi è allora il numero uno della famiglia Savoia? Entrambi i cugini rispondono: io. L’ex esiliato si fa forte dell’essere figlio di Re Umberto, il duca dell’indicazione dello stesso Umberto e della Consulta del Regno che ha revocato il titolo a Vittorio Emanuele perchè avrebbe violato le Regie Patenti, impalmando una moglie, Marina Doria, che non è di sangue reale.

 


La controversia è antica ma prima di Vittorio nessuno aveva pensato di portarla davanti a un tribunale, perdipiù un tribunale della repubblica nata dal referendum che abrogò la monarchia. Tra le carte prodotte dalle parti alcuni dei documenti più gelososamente custoditi da Casa Savoia: le norme che regolano la Legge Salica, l’albero geneologico di famiglia, persino le lettere che si scambiarono Re Umberto e il figlio e nelle quali il primo minacciava il secondo di escluderlo dalla successione se avesse sposato una donna non nobile. Il resto tocca al giudice Sestini: chi ha le carte in regola per chiamarsi Savoia e aspirare al trono?