{{IMG_SX}}Arezzo, 17 maggio 2007 - Lotta dura senza paura, anche se l’ultima notte è stata lunga e non è ancora risuonato il fatidico 'I giochi sono fatti'. L’Arezzo non si tira indietro dinanzi al Rischiatutto del Tar e conferma che stamani si presenterà in udienza per discutere il ricorso presentato contro l’arbitrato di Calciopoli e il meno sei in classifica.

 

Nonostante la velata minaccia del presidente della Federcalcio Giancarlo Abete che in un’intervista al «Guerin Sportivo» ha invitato la società amaranto a rinunciare, facendo balenare in caso contrario l’ipotesi di un’ulteriore penalizzazione. E’ stata una giornata convulsa in casa amaranto, con le voci di un serrato confronto fra linea dura e linea morbida che si sono inseguite fino a tardi. Poi, in serata, il presidente Mancini (nella foto) ha tagliato corto, tenendo ferma la posizione sulla quale si era attestato fin dalla mattina: "Il ricorso è un diritto, non accettiamo minacce da parte della Federcalcio". Stamani, spiega il presidente, ci sarà anche lui accanto all’avvocato Giovanni Pesce quando si aprirà l’udienza dinanzi ai giudici della sezione terza ter del Tar del Lazio.

"Qui - è la sua verità - siamo dinanzi a un danno patrimoniale, una di quelle situazioni per le quali la legge del 2003 ammette il ricorso ai giudici ordinari. Non c’è violazione della clausola compromissoria e sono sicuro che la federazione non può prendere provvedimenti nei nostri confronti". Inutile dire che in via Allegri, sede della Figc, suona tutt’altra musica. Fonti ufficiose danno per scontato il deferimento dell’Arezzo nel caso stamani la società si costituisca in giudizio. E la pena prevista in situazioni del genere è la penalizzazione di tre punti. Che potrebbe arrivare, spiegano ancora alla Federcalcio, nel giro di una decina di giorni. Anche l’appello potrebbe esaurirsi prima che a luglio entri in vigore il nuovo codice di giustizia sportiva, che elimina la penalizzazione per la violazione della clausola compromissoria. Quasi un paradosso, dunque. L’Arezzo potrebbe essere l’ultima società punita per un’infrazione al codice sportivo che sta per andare in pensione. A meno che non riesca tra un ricorso e l’altro a valicare la data del 1 luglio, a partire dalla quale varranno le nuove norme. In quel caso il rischio sarebbe una sanzione pecuniaria o al peggio un meno uno da scontare la prossima stagione.

E tuttavia quello degli amaranto è per ora una sorta di la va o la spacca. Se vince al Tar si porta a casa da un massimo di sei punti a un minimo di tre, già decurtati della nuova penalizzazione. Se perde e viene applicato ancora il vecchio codice, rischia di ritrovarsi con un ulteriore meno 3 che significherebbe probabilmente l’addio alle speranze di salvezza sul campo. L’avvocato Pesce ha lavorato fino all’ultimo a motivare il ricorso col quale stamani dovrà affrontare i giudici del Tar (difficile che la sentenza arrivi in giornata). Un’udienza senza rete, perchè non ci sono precedenti e nessuno è in grado di dire quale possa essere l’orientamento del tribunale, se cioè ci sono margini perchè le ragioni dell’Arezzo vengano accolte o se preverrà l’ipotesi che le sentenze della giustizia sportiva in materia disciplinare non sono sindacabili dalla magistratura ordinaria.

 

Certo è che l’attacco di Pesce ai palazzi del calcio è frontale: illegittimità del codice di giustizia sportiva e del principio di responsabilità presunta, manifesta ingiustizia, e quindi eccesso di potere, della sentenza che ha condannato l’Arezzo. Chi vince prende tutto, ma chi perde rischia grosso. Come un acrobata sul filo: se sta in equilibrio bene, se no la caduta è rovinosa.