Processo strage: D’Apote, duro scontro con Toni. Poi litiga con i Pm: "Vi querelo"

Udienza incandescente. Per la Procura esibisce foto "ritoccate ad arte". I disegni al computer

Le t-shirt con le foto delle 32 vittime sono lì a ricordare a tutti che il processo riguarda la morte di 32 persone innocenti

Le t-shirt con le foto delle 32 vittime sono lì a ricordare a tutti che il processo riguarda la morte di 32 persone innocenti

Viareggio, 15 gennaio 2015 - Compito di un buon stratega è quello di scegliersi il campo di battaglia ideale per affrontare il nemico. Non lo ha fatto l’avvocato Armando D’Apote, legale di fiducia di Mauro Moretti, ex amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato. Ha infatti scelto di combattere contro il consulente dell’accusa, l’ingegner Paolo Toni, su un campo minato per lui, quello cioe della matematica, della geometria, dell’ingegneria applicata alla strage di Viareggio, quella per la quale ieri è andato in scena una nuova udienza del processo.

Udienza monopolizzata proprio dal controesame dell’ingegner Toni da parte dell’avvocato D’Apote. Controesame che non è finito e e che riprenderà mercoledì prossimo. Un controesame focalizzato solo e soltanto su un unico aspetto: cosa ha causato lo squarcio della cisterna: picchetto o zampa di lepre? Il tutto per cercare di dimostrare da parte di D’Apote provare che l’ingegner Toni ha torto quando sostiene che a squarciare la cisterna della morte quella maledetta notte del 29 giugno 2009 fu il picchetto di segnalazione. Ma Toni non ha modificato di una virgola la sua posizione né ha mollato di un centimetro di fronte alle incalzanti domante del legale di Moretti che, a dispetto dei suoi propositi dichiarati a fine seduta ("Confido che Toni possa cambiare idea") dal confronto con il luminare delle ferrovie esce senza ottenere risultati.

Eccetto forse di aver suscitato un po’ di ilarità fra il pubblico e i suoi colleghi avvocati (anche quelli della sua parte) quando ha abbozzato dei disegni per cercare di far capire a Toni quali fossero le sue idee e le sue ricostruzioni. Quando l’avvocato Tiziano Nicoletti ha fatto notare che cosa resterà nei verbali di questi schizzi, lo stesso presidente del Collegio giudicante Gerardo Boragine ha scelto la strada dell’ironia: "Speravamo non restasse alcuna traccia", ha fatto notare quando l’avvocato D’Apote ha salvato i disegni sul computer preannuncdo di volerli depositare.

E’ stata una seduta estenuante e difficile da gestire da parte del giudice Boragine. I diverbi tra D’Apote e i pm Salvatore Giannino e Giuseppe Amodeo hanno raggiunto livelli elevatissimi. "La querelo – ha minacciato D’Apote rivolgendosi al Pm Giannino – se continua a dire che dico cose false". Giannino infatti faceva notare che i documenti che l’avvocato mostrava al consulente in realtà erano, a suo modo di vedere, abilmente contraffatti. Fortemente contesatato è stato il modo di condurre il controesame da parte di D’Apote, tanto da far inalberare anche l’avvocato Graziano Maffei: "Tutti abbiamo capito lo stile di D’Apote: non è adeguato e le chiedo – dice Maffei rivolgendosi al giudice – di vigilare, perché non fa domande e c’è un limite a tutto".

Boragine più di una volta ha frenato D’Apote, anche con l’ironia: "Fa 16 parentesi per ogni domanda...", "Avvocato non faccia commenti...", "Avvocato ricorda a tutti le regole processuali, ogni tanto le applichi anche a se stesso", sono alcune delle osservazioni, fra il serio e il faceto, che il giudice ha rivolto a D’Apote.

L’ultimo siparietto ha riguardato le tracce di fuoco sulla rotaia. "Dove le vede dal picchetto alla cisterna?", ha chiesto D’Apote. "E lei dove le vede dalla zampa di lepre alla cisterna?", ha risposto con un’altra domanda il consulente, domanda alla quale l’avvocato ha iniziato a rispondere. "Avvocato – l’ha ripreso il giudice – ora vuole pure rispondere alle domande del consulente?". "Mi oppongo alla domanda del consulente", ha scherzato il Pm Amodeo che, insieme al collega Giannino, per tutto il corso della giornata si era opposto a una serie interminabile di domande dell’avvocato D’Apote.

Paolo di Grazia