"C’è stata sottovalutazione dei rischi legati al trasporto del Gpl"

Sulla strage ferroviaria, dura accusa di un pool di ingegneri, consulenti della Procura: «Potevano esplodere anche le altre cisterne»

La terribile immagine della notte della strage (foto Umicini)

La terribile immagine della notte della strage (foto Umicini)

Viareggio 2 ottobre 2014 - IL DISASTRO ferroviario di Viareggio era un fatto sì improbabile, ma comunque prevedibile. E le Ferrovie dello Stato — nello specifico Rfi e Trenitalia — non hanno fatto nulla per ridurre al minimo accettabile i rischi connessi al trasporto di materiale pericoloso come il gpl. Lo hanno sostenuto a chiare note gli ingegneri Marcello Mossa Verre, Marco Carcassi e Francesco Marotta, consulenti dell’accusa, chiamati ieri a testimoniare al Polo fieristico di Lucca dove è ripreso il processo per la strage di Viareggio a carico di 32 persone, fra cui l’ex amministratore delegato delle Fs Mauro Moretti. Le parole degli ingegneri confermano dunque le tesi di chi — a iniziare dai familiari delle vittime — sostiene che quella strage poteva essere evitata. Il pool di ingegneri (la loro audizione è stata eccezionalmente collegiale) infatti ha rimarcato alcuni aspetti salienti. Intanto che la principale paura di chi lavora con il gpl è che un eventuale incendio possa far esplodere i silos o le cisterne che lo contengono. Quindi a precisa domanda dei Pm Salvatore Giannino e Giuseppe Amodeo, hanno risposto che le altre cisterne che componevano il convoglio della morte sarebbero potute esplodere in virtù del surriscaldamento della temperatura esterna e che Rfi non aveva assunto al riguardo nessuna precauzione per ridurre tale rischio. Solo per fortuna, insomma, la tragedia del 29 giugno 2009 non ha assunto proporzioni ancora più gigantesche. Gli ingegneri hanno ribadito che Rfi e Trenitalia erano delegate a ridurre i rischi legati al trasporto di merci pericolose. Rfi e Trenitalia sono tenute per legge a produrre un Sgs (cioé un sistema di gestione della sicurezza). «A quanto ci risulta — hanno detto gli ingegneri — non sono state prese iniziative o azioni tese a ridurre i rischi a livello trascurabile come impone la legge».

E non è tutto gli ingegneri Marotta, Carcassi e Mossa Verre hanno puntato il dito sulla, a loro avviso, scarsa attenzione rivolta dai vertici delle Ferrovie sui rischi corsi dai viaggiatori e dalle persone fuori delle linea ferrata. «Le uniche attenzioni — hanno detto — si sono concentrate sulla sicurezza dei lavoratori e dei luoghi di lavoro». Con il pool di ingegneri è stata affrontata anche la questione del muro di contenimento mancante. In aula è stato riprodotto un video, una simulazione di quanto avvenuto e di quello che invece sarebbe potuto accadere: la nube di gpl è entrata nelle case di via Ponchielli, ma se ci fosse stato un muro di contenimento alto 4-5 metri (tipo che quello che c’è oggi, ma che all’epoca era solo nelle richieste e nelle petizioni dei residenti) la nube sarebbe rimasta lungo i binari della ferrovia. Invece quella notte si scatenò un vero e proprio inferno, difficile da prevedere, ma non improbabile, come rimarcato dai tecnici. Loro stessi durante la loro inchiesta avevano chiesto al responsabile della valutazione dei rischi di Rfi cosa era stato fatto per portare il rischio a un livello accettabile. «Il responsabile della valutazione — hanno detto gli ingegneri — non ha valutato la presenza di criticità tali da richiedere azioni correttive o preventive». Paolo Di Grazia