Per picchetto e ‘zampa di lepre’ è scontro fra Procura e consulenti

Strage ferroviaria, il processo. Le difese presentano docenti universitari contestando le tesi accusatorie

Il cilindro pieno di gpl deragliato alla stazione ferroviaria

Il cilindro pieno di gpl deragliato alla stazione ferroviaria

Viareggio, 26 novembre 2015 -  GIRA E RIGIRA anche a due anni dalla prima udienza dibattimentale per il processo della strage alla stazione ferroviaria del 29 giugno 2009, si continua a parlare del picchetto e della piegata a zampa di lepre. La solita storia. Il solito cliché. Con la Procura che sostiene che la perforazione sul mantello della carro-cisterna – da dove è poi fuoriuscito il gpl – è stata provocata dalla picchetto per la segnatura delle curve; con le difese degli imputati – in particolar modo delle società chiamate a rispondere in giudizio – che schierando consulenti tecnici di spicco (quasi tutti docenti universitari e cattedratici di fama) a sostenere invece che la responsabilità è da addebitare alla «zampa di lepre», un elemento strutturale che fa parte dello scambio. Otto ore di botta e risposta e poi rimanere fermi ognuno sulla propria barricata. Ma non sono mancate scintille verbali, momenti di tensione e anche la conferma che con il passare del tempo, la marcia di avvicinamento alla sentenza di primo grado diventa sempre più carica di tensioni.

E’ STATO il professor Graziano Curti, per quaranta anni docente universitario al Politecnico di Torino, esperto di «costruzioni di macchine» ma con «nessuna esperienza in materia di incidenti ferroviari» – come ha poi chiarito rispondendo alla domanda del pm Giuseppe Amodeo –, consulente tecnico delle difese a dimostrare, dal suo punto di vista «che lo squarcio sul carro cisterna è stato provocato dalla piegata a zampa di lepre». La sua convizione poggia sull’analisi delle tracce lasciate sul terreno ma anche sul carro-cisterne. «Ho cercato di analizzare tutti gli elementi oggettivi per risalore alle cause dello squarcio e tutte mi portano a valutare come la tesi più plausibile sia che la punta della zampa di lepre hanno provocato la perforazione – ha detto il consulente tecnico –. Dalla taglio nella cisterne è uscito il gpl che a contatto con l’aria si è poi incendiato: basta vedere le immagini del fuoco che si trova dietro il carro deragliato e vedere come la linea parta proprio all’altezza del punto dove era la piegata a zampa di lepre. Tutti i rilievi che ho fatto anche sulle tracce lasciate sulla cisterna e sui picchetti travolti mi portano a concludere che lo squarcio sia stato provocato dall’elemento fondamentale dello scambio». La tesi di Curti è stata attaccata con vigore dalla Procura. Prima il pm Giuseppe Amodeo e poi il suo collega Salvatore Giannino hanno messo in evidenza alcune contraddizioni nelle valutazioni del consulente tecnico, sottolineando anche che la firma del docente universitario è in calce ad un lavoro condiviso con altri colleghi delle difesa nei quali emergevano alcuni aspetti contrastanti – in particolar modo sulla rotazione del carro cisterna dopo lo svio e il deragliamento – rispetto alla sua ricostruzione. Ovviamente nessuno ha cambiato opinione: tutti sono andati dritti lungo la loro convinzione.

E NON è stato da meno anche il secondo consulente tecnico delle difesa delle Ferrovie, il professor Roberto Roberti, a lungo ordinatio di metallurgia e di meccanica dei materiali alle Università prima di Trento e poi di Brescia. Ruberti è stato anche perito del giudice Rosario Priore che ha portato avanti per anni e anni la battaglia per la verità per la strage di Ustica del 27 giugno 1980. Il professer Roberti – che sarà ascoltato anche nella prossima udienza quando è stato fissato il controesame da parte dei pm e degli avvocati di parte civile – ha sostenuto che dall’analisi della durezza e della consistenza metallurgica del picchetto e della zampa di lepre emerge che «il taglio sulla cisterna è stato prodotto dall’elemento dello scambio». E non dal picchetto.

G.L.