«Non è solo questione di sicurezza, è a rischio anche la nostra salute»

Cibo abusivo in spiaggia. Cursano: «E le autorizzazioni dove sono?»

Abusivi con la borsa frigo in spiaggia

Abusivi con la borsa frigo in spiaggia

Viareggio, 26 luglio 2016 - MA LO STATO da che parte sta? Aldo Cursano, presidente Fipe Toscana (Confcommercio) sbatte i pugni sul tavolo di fronte all’ennesimo episodio di illegalità. Le immagini degli abusivi che girano per le spiagge con borse frigo cariche di bottigliette d’acqua, lattine di coca cola e tè freddo, lo mandano su di giri. E’ davvero troppo per i suoi occhi. Per lui che da anni porta avanti la battaglia per la legalità in nome della categoria che rappresenta.

«Non si tratta più di semplice sicurezza – attacca Cursano – ma di salute. Per vendere bisogna avere autorizzazioni, impianti a norma, occorre un autocontrollo alimentare, elemento fondamentale per la salute pubblica. Con i panini tenuti a 40 gradi, bibite scadute e prodotti di altro tipo non si scherza. Si rischia di morire avvelenati. Non si può vendere a prescindere dal rispetto delle metodologie di conservazione, di controllo e di tracciabilità».

DOPO l’invasione delle borse tarocco prima, pupazzotti, asticelle per selfie e chi più ne ha più ne metta dopo, sono arrivati lungo la battigia gli «chef a domicilio», i venditori abusivi che stanno facendo a spintoni per entrare nel settore dell’alimentare, mettendo in ginocchio bar, bagni, piccoli ristoranti, già messi a dura prova dalla congiuntura economica ancora non del tutto favorevole.

«Chi sta nelle regole – riprende Cursano – è profondamente penalizzato, non a caso in tanti scelgono di starne al di fuori. E purtroppo la legalità sta diventando in questo momento di crisi un limite perché raggirare la legge è diventato quasi a rischio zero». Il presidente Fipe allora mette sul tavolo del dialogo una provocazione: «Lo Stato da che parte sta?». Un interrogativo quasi naturale se si pensa che «il 50 per cento dell’economia dell’area balneare e delle città d’arte è sommersa» sottolinea. «Per ogni gelato, bibita o altro che si vende, ce ne è un altro illegale. Di questo passo non è solo il tessuto imprenditoriale sano che chiude bottega ma è il sistema Italia che fallisce. Siamo stanchi di assistere da testimoni impotenti a questo scempio, chiediamo una assunzione di responsabilità perché se il quadro è questo, c’è qualcosa che non funziona. E non mi riferisco alle forze dell’ordine che fanno quello che possono».

Intanto anche dal dipartimento di prevenzione Asl sottolineano che «per vendere alimenti, bevande e qualunque altro tipo prodotto occorre avere una regolare licenza e certificazione sanitaria». Ida Aragona, la responsabile, ricorda che chiunque svolga un’attività di vendita deve essere in possesso «dei requisiti igienico-sanitari, rispettare le temperature alimentari e di tracciabilità». Senza queste certificazioni si sta dall’altra parte del muro, lì dove a fare da padrona è l’illegalità.