Omicidio in Darsena: il Mezzo Marinaio era in vendita. "A patto di tenere Mario al lavoro"

C’era una trattativa: il proprietario aveva posto una condizione L'AUTOPSIA / LA MOGLIE DELL'OMICIDA: "MARIO SAPEVA ESSERE ANCHE MOLTO CATTIVO E SI APPROFITTAVA DI MIO MARITO" / OMICIDIO IN DARSENA, "LI HO SENTITI LITIGARE: CREDEVO FOSSERO UBRIACHI" / FREDDA IL FRATELLO DOPO L'ENNESIMA LITE SUL LAVORO / LE FOTO DELLA TRAGEDIA

Il luogo dove è avvenuta l’ultima lite fra i due fratelli (foto Umicini)

Il luogo dove è avvenuta l’ultima lite fra i due fratelli (foto Umicini)

Viareggio, 23 giugno 2015 - Nicola Guidotti voleva vendere il ristorante Mezzo Marinaio. C’era un paio di imprenditori versiliesi interessati a rilevare la gestione di un locale che per oltre un decennio ha fatto epoca, lanciando una moda - il menu di pesce a prezzi accessibili, mangiando bene - che aveva valicato i confini provinciali finendo ben oltre. Nicola lo voleva vendere per concentrarsi sul suo nuovo locale ma solo a un patto. Che venissero confermati tutti i dipendenti. Dal cuoco ai camerieri. Ma soprattutto che in sala restasse al lavoro anche il fratello Mario. Proprio queste condizioni non erano gradite ai potenziali acquirenti che dopo avere portato avanti la trattativa, si erano riservati di decidere alla fine dell’estate. Insomma il «Mezzo Marinaio» avrebbe fatto la stagione. Poi nel periodo della fiacca invernale si sarebbe deciso il futuro. Ovviamente il dramma che si è consumato sabato pomeriggio ha congelato tutto. Ufficialmente alla guida della società c’è il nipote di Mario e Nicola, il giovane Giancarlo Della Latta, un ragazzo cresciuto all’interno del locale e che ha già una discreta esperienza. Il «Mezzo Marinaio» dunque va avanti per la sua strada, nell’attesa - se mai sarà possibile - che l’onda mediatica su quel che è accaduto si stemperi. In città non si parla d’altro. Tutti hanno una versione dei fatti. Tutti sono convinti di conoscere qual è il segreto, la classifica goccia che ha fatto traboccare il vaso dell’esasperazione di Nicola Guidotti. Poche ore prima dell’omicidio, ad un amico che passava in via Coppino aveva chiesto una sigaretta. «Mi devo calmare perché questa non è vita....» aveva detto lamentandosi del fatto che dove sdoppiarsi in tutto e per tutto fra i due locali.

MA FRA LA GENTE che conosceva bene i due fratelli, spuntano anche altre storie legate in qualche modo all’infanzia e all’adolescenza dei due ragazzi. Mario, pur essendo vivace, estroso ed esuberante, si era fatto la nomea - soprattutto da quando aveva cominciato a gestire i locali - di «grande lavoratore» sempre pronto a rimboccarsi le maniche nei momenti del bisogno. Mario aveva giocato a calcio fino quasi a 40 anni, in mezza Italia raccogliendo molto meno di quel che meritava. Insomma pur essere un ottimo giocatore, quando aveva smesso non poteva vivere di rendita. E si era messo a lavorare con il fratello. «Soffriva questa dipendenza da Mario» racconta un amico dei due. Una dipendenza che si era forse marcata nel tempo anche se Nicola - con qualche errore nella gestione del quale aveva fatto ammenda - aveva cercato di responsabilizzare il fratello con una piccola società. Ma purtroppo i due caratteri fumantini erano venuti più volte in collissione. Urlacci. Vaffa. E niente più. Fino all’altro quando quando - come ha detto Nicola Guidotti al giudice - «qualcosa ha fatto traboccare il vaso: non ce l’ho più fatta a sopportare».

SUBITO DOPO avere esploso i colpi di pistola contro Mario, Nicola Guidotti è rientrato nel ristorante «Mezzo Marinaio». Aveva in mano la postola con la quale pochi attimi primi aveva ucciso il fratello. L’ha subito lasciata sul tavolo, aspettando l’arrivo dei poliziotti. «Non c’è stato alcun tentativo di suicidio» hanno confermato gli inquirenti smentendo le voci di chi sosteneva che Nicola avesse deciso di farla finita. Quando si è consegnato ai poliziotti delle volanti è stato lucido. «Ho ammazzato mio fratello».

Giovanni Lorenzini