Occupata un’altra casa delle Ferrovie di Stato

Azione di forza di una famiglia con un bambino di due anni, con l'appoggio della brigata antisfratto e dell'uinione inquilini

Casa occupata

Casa occupata

Viareggio, 14 settembre 2014 - UNA di quelle vecchie case cantoniere; sui binari, proprio a due passi dalla stazione, di fronte al dopo lavoro ferroviario. Lì, in un appartamento delle Fs ormai abbandonato da due anni hanno trovato un rifugio una famiglia, e un uomo solo. Per la legge dovremmo scrivere «occupazione»; per la storia, invece, «bisogno». Bisogno di dare un rifugio ad un bambino, di appena due anni. Di farlo crescere accanto a mamma e papà, in un posto tranquillo. Bisogno di invecchiare in un posto caldo, di dormire su un letto fresco. Per questo la Brigata antisfratto, con l’Unione Inquilini, ieri mattina ha forzato la porta d’accesso di quella vecchia casetta, un po’ malconcia ma comunque solida. «La casa è un diritto» ribadiscono gli attivisti del movimento srotolando uno striscione dalla finestra. E annunciano: «apriamo con questa nuova occupazione l’ennesima stagione di lotte sociali». E’ un continuo via vai ora in quella casa, c’è chi cerca il bandolo dell’elettricità e chi invece cerca l’allaccio per aprire l’acqua. Tra i giovani attivisti della Brigata e dell’Unione Inquilini al lavoro c’è anche quel giovane padre che da ieri notte dorme nella casa cantoniera. «Ci vorrà un po’ di tempo per rimetterla a posto, ma la struttura è accogliente» ci dice. E quella erre un po’ arrotandata tradisce le sue origini albanesi. E’ arrivato in Italia, a Viareggio, per fuggire alla miseria di uno Stato in guerra. Nel suo nuovo Paese si è rimboccato le maniche, ha aperto una piccola ditta edile e si è invaghito di una ragazza. Anche lei albanese, arrivata a Viareggio con la sua famiglia quando aveva quattordici anni, dieci anni fa esatti. Ritrovarsi a Viareggio e innamorarsi sul molo. Sembrava un miracolo, una favola da festeggiare con un omaggio alla vita. Un figlio. Poi la crisi si è presa tutto, prima l’azienda e poi, a maggio, la casa. Ma non la voglia e la spinta di tenersi stretto il futuro. E allora lui, lei e il piccolo, hanno ricominciato da capo, con qualche lavoretto stagionale. Lei cameriera ai piani, lui facchino. «Ma purtroppo — racconta la giovane mamma — non è abbastanza per riuscire a far fronte ad un affitto». Ci hanno provato a chiedere la casa popolare, ma in quel lungo elenco di storie e richieste d’aiuto sono finiti in fondo. E l’emergenza purtroppo non ha i tempi delle graduatorie... «In più — attacca Niccolò Martinelli, portavoce del sindacato degli inquilini — il Comune e l’amministrazione sono troppo impegnati a risolvere le proprie beghe interne per accorgersi che c’è un città e ci sono persone che sprofondano nel baratro della povertà». A questo punto i movimenti per la casa ribadiscono: «l’unica soluzione è la pratica della riconquista dei diritti dal basso». ​Martina Del Chicca