Mare pulito: revocato il divieto anche a Viareggio

Monta la protesta dei balneari: "Chiederemo i danni al Comune"

Versilia

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Viareggio, 23 maggio 2016 -  E' arrivato stamane l'atteso responso Arpat: le analisi effettuate sabato, dopo quelle negative di venerdì, danno finalmente il via libera alla revoca del divieto anche per il tratto viareggino. Intanto però tra gli imprenditori si respira malcontento.

«COSÌ non andiamo più avanti. Gli spigoli della burocrazia, le tasse, la congiuntura economica, le promesse al vento e ora, per l’ennesima volta, il divieto di balneazione». È un’analisi lucida quella che Angelo Sodini, uno dei proprietari del Bagno Aloha, proprio prima della Fossa dell’Abate, mette sul tavolo. Lui, come il suo vicino, Massimo Priore, titolare del Bagno Acqua Azzurra, la situazione la conosce bene. Rispettivamente dodici anni e trentadue anni di gestione. Loro di «stop» alla balneazione ne hanno visti, «anche troppi», come racconta Sodini. Ogni anno, infatti, il copione si ripete: le analisi Arpat, il divieto improvviso, il calo di affari e poi le promesse (puntualmente non mantenute) di una soluzione.

Ieri, lungo i cento metri oggetto del provvedimento, pochi bagnanti, qualcuno però non si è lasciato scoraggiare e ha azzardato un timido tuffo, ignorando il cartello, travolto nella notte dall’acqua e poi seppellito dalla sabbia.

«MI CHIEDO – spiega Sodini cosa aspetti la Magistratura a intervenire. Ci sono delle leggi che vanno rispettate». Non sono affatto giorni facili per gli operatori della ‘stagione’. D’altra parte, come si suol dire, i guai non arrivano mai soli. Prima la direttiva Bolkestein e poi l'ennesimo divieto di balneazione.

«La cattiva pubblicità – aggiunge il proprietario del Bagno Aloha – allontana la clientela. Noi lavoriamo solo con giornalieri e spesso siamo costretti ad abbassare i prezzi. Abbiamo otto dipendenti ma questo sembra non interessare a nessuno, altrimenti non mi spiego i continui ritardi, sono anni che ci hanno promesso un impianto di ionizzazione e siamo ancora a un nulla di fatto. L’idea di chiedere i danni al Comune è forte». Il suo collega Massimo Priore è stanco di ripetere le stesse cose: da 32 anni sistematicamente la situazione si ripete. «È difficile lavorare così – le sue parole –, mi auguro che si affrettino a trovare una soluzione, anche se ormai sono anni che se ne parla senza arrivare a niente di concreto».