Giovedì 18 Aprile 2024

L'unità della Chiesa

Il commento del direttore della "Nazione"

Pier Francesco De Robertis, direttore de La Nazione

Pier Francesco De Robertis, direttore de La Nazione

Firenze, 3 ottobre 2015 - DUNQUE ci siamo, e dopo mesi e mesi di attese, previsioni, consultazioni pubbliche e private, stop and go, la Chiesa si raduna a discutere di famiglia. Qualcosa di più ampio del tema «comunione ai divorziati», come la sintesi del dibattito sul tema ha etichettato, certamente qualcosa che il mondo tutto – pure laico – seguirà da vicino.

L’ATTESA spasmodica che grava intorno all’evento lo proietta come il momento più significativo del pontificato, quello per il quale tra venti o trenta anni Francesco sarà probabilmente ricordato. La Chiesa vi arriva in ordine sparso, come è naturale che sia per un tema così delicato, così divisivo e soprattutto vissuto in maniera così diversa nei cinque continenti, e sarà compito del Papa alla fine dei lavori tenere tutti insieme. L’unità della Chiesa è il bene primo che i papi devono mantenere, costi quel che costi. Loro lo sanno, da Lutero in poi l’hanno sempre saputo, e anche stavolta quando Francesco sarà chiamato in piena libertà e autonomia a trarre le conclusioni della lunga discussione l’unità sarà la prima esigenza perseguita.

SCORDIAMOCI quindi avventure in avanti che rischino di lasciare qualcuno indietro, scordiamoci gesti a sorpresa tipo quelli – più in versione «provocazione intellettuale» che altro – cui il papa gesuita ci ha abituato (tanto per capirsi, cose come «chi sono io per giudicare un gay»). Scordiamoci anche una apertura tout court alla comunione per i divorziati, aspetto per il quale il Papa negli atti e nei discorsi fatti ha già tracciato la strada: accorciamento dei processi di revisione matrimoniale e maggior ruolo ai vescovi (previsti nel motu proprio delle settimane scorse), maggior valore al sacramento («perché per diventare preti occorre studiare otto anni – ha detto Francesco – mentre per sposarsi bastano quattro incontri dopo cena?») e quindi largo all’idea che la Chiesa è disposta a riaccogliere chi desidera impostare un nuovo cammino di fede dopo un matrimonio fallito visto che in mancanza della fede quel vincolo non era mai esistito. Senza però «scorciatoie», senza «sanatorie» indiscriminate.

Si perdona – ha ricordato più volte Francesco – chi il perdono lo chiede, e chi promette di cambiare vita.