L'addio a Cancogni, narratore tra utopia e denuncia. E un amore di ferro per Rori

Lo scrittore si è spento a 99 anni nella sua Versilia: raccontò l'Italia del '900: la guerra, gli scandali di Roma e la "misteriosità" di Zeman. "Il giorno della Liberazione? Ho pianto"

Manlio Cancogni

Manlio Cancogni

Viareggio, 1 settembre 2015 - Non basta solo la lunga vita a spiegare la straordinaria produzione letteraria e giornalistica di Manlio Cancogni, scomparso nella sua abitazione di Marina di Pietrasanta a 99 anni. Autore versatile ed eclettico, Cancogni ha saputo raccontare e interpretare la realtà italiana (e non solo) con grande acutezza e chiarezza. Di certo, un lavoro che ha attraversato il '900, ma che resta attuale come dimostrano le vicende attuali ddi Roma, che non possono non far pensare alla sua famosa inchiesta "Capitale corrotta. Nazione infetta" (pubblicata dall'Espresso), realizzata quasi sessant'anni fa.

Alle inchieste giornalistiche, sempre battagliere e controcorrente, è legata molta parte della popolarità di Cancogni, ma anche la sua produzione letteraria (spesso di carattere storico ma sempre attenta agli aspetti della vita quotidiana) è stata di grande importanza, come dimostra anche l'impressionante serie di premi vinti con alcuni dei suoi tanti romanzi: “La linea del Tomori" (premio Bagutta, 1966), "Allegri, gioventù" (premio Strega,1973), "Quella strana felicità" (premio Viareggio, 1985), "Il genio e il niente" (premio Grinzane Cavour, 1987) "La sorpresa" (premio Pen Club, 2010). 

Tra i suoi libri era particolarmente affezionato a "Azorin e Mirò" (1948), storia di un’amicizia profondissima con Carlo Cassola. Fu legato da amicizia, tra gli altri, anche con Carlo Levi e Giorgio Bassani. Nella sua vita, però, è stato centrale il grande amore con la moglie Rori (la fiorentina Maria Vittoria Vittori) che oggi ha 91 anni e che Cancogni ha sposato il 22 febbraio 1943, in piena guerra "perché non si sapeva come poteva andare a finire".

Eccoli in un'intervista realizzata da Tsd Eventi nel febbraio 2013

Tra i suoi lavori anche un libro, "Il Mister" (2000), che vede come protagonista un allenatore-giocatore di calcio, Ivo Zoran, ma in realtà ispirato alla figura di Zdenek Zeman, il tecnico boemo che Cancogni ammirava molto: "MI piace la sua misteriosità e le sue proposte, sul fatto che bisogna vedere il mondo del calcio come un'espressione artistica e non strettamente utilitaria". Di Zeman Cancogni ammirava anche quel suo incarnare un'utopia: "Io non credo nelle utopie come soluzione - diceva lo scrittore - però uno slancio utopistico è necessario, senza quello non si fa nulla".

Ecco l'intervista doppia Zeman-Cancogni realizzata alcuni anni fa da Tv2000

 

Nel 2013, da una serie di conversazioni con Simone Caltabellota è nato "Tutto mi è piaciuto", un'acuta riflessione sulla libertà, la letteratura e la vita.

Nato a Bologna il 16 luglio del 1916 (era da poco entrato, dunque, nel suo centesimo anno) da genitori versiliesi, Cancogni ha fatto i suoi studi a Roma. Ha fatto il suo esordio pubblicando i primi racconti nel 1942 su "Frontespizio e Letteratura". Richiamato alle armi (ha combattutto sul fronte greco-albanese, esperienza poi ripresa in alcuni dei suoi libri) si è poi trasferito a Firenze dove ha vissuto in clandestinità fino alla liberazione della città (l'11 agosto 1944) che ha ricordato in un'intervista a Rai Letteratura“Andando verso Piazza dell’Annunziata, a Firenze, passai vicino a una casa che aveva le finestre sulla strada, a piano terra. C’era una vecchia che mi chiese: 'Cos’è successo?'. 'Sono arrivati!'. E mentre lo dicevo, mi venne da piangere. Quella della liberazione fu una giornata lunghissima. Il tempo sembrava essersi dilatato”.

Nel dopoguerra comincia l'attività di giornalista, una carriera lunga e feconda con collaborazioni alla "Nazione del Popolo", "Corriere della Sera”, “La Stampa”, “L’Europeo”, “L’Espresso” e via dicendo. L'inchiesta sugli scandali immobiliari di Roma (del 1956) è certamente una delle più famose e rivela una "tangentopoli" ante-litteram, un tema purtroppo ricorrente nell'attualità italiana.

Cancogni ha insegnato letteratura italiana negli Stati Uniti, ma è sempre rimasto legatissimo alla Toscana e alla sua Versilia. "Ripercorrendo le tappe della sua brillante carriera di giornalista e scrittore non possiamo non essergli grati per il contributo e gli stimoli che ha dato al dibattito e allo sviluppo culturale di questo Paese. E anche per il suo legame, sempre sottolineato, per la sua Versilia", commenta il governatore della Toscana, Enrico Rossi.