Strage ferroviaria, commozione in aula: "La sentenza impedisca altre tragedie"

L’appello in lacrime dell’avvocato

Federico Battistini con la giovane moglie Elena e i suoceri, tutti morti nella loro casa

Federico Battistini con la giovane moglie Elena e i suoceri, tutti morti nella loro casa

Viareggio, 23 settembre 2016 - NON trattiene la commozione l’avvocato di parte civile Tiziano Nicoletti. Questo processo, come tanti viareggini, se lo sente sulla pelle. E ha la voce rotta dal pianto alla fine del suo intervento quando rivolge un appello al Collegio giudicante: «Tutte le sentenze sono delicate. ma questa lo è di più. Deve essere una sentenza che quello che è successo non succeda più...». Anche il Pm Giuseppe Amodeo, contravvenendo al rigido protocollo di un’aula di Tribunale si è alzato per abbracciarlo e confortarlo.

Del resto l’atto d’accusa di Tiziano Nicoletti non poteva restare impersonale e freddo. Perché sotto la toga indossata dall’avvocato batte comunque il cuore di una persona. Di una bella persona che non ha vergogna a mostrare i suoi sentimenti. Tutela, fra gli altri, gli interessi di Luciana Berretti che ha perso il figlio Federico poco più che trentenne, la nuora Elena e i due consuoceri. «Chi erano Federico ed Elena? Erano miei amici», ricorda non senza lasciarsi sfuggire una lacrima che gli vela gli occhi l’avvocato Nicoletti che poi riprende l’aplomb dell’avvocato. «Erano amici miei. Ma mi rifaccio ai verbali. Lo zio Carlo ci ha detto in aula che volevano formare una famiglia. Tra i detriti ha trovato un rullino con la foto di tutti e quattro insieme. La mamma di Federico è stata presente a tutte le udienze. Ci ha raccontato di quella sera e delle telefonate che per 13 giorni la facevano sobbalzare. E questo accade ancora oggi. Poi la famiglia che si è spaccata, la separazione dal marito. I medici che lo hanno avuto in cura ci hanno detto che Federico è sempre stato cosciente e che sapeva della sorte di sua moglie. Federico ha vissuto 13 giorni tra la vita e la morte, ma capiva tutto. Immaginate a sopravvivere pensando che il vostro figlio ha vissuto 13 giorni pensando alla moglie che stava peggio di lui».

Nicoletti tutela anche la sorella di Mario Orsi. «Era la zia di Sara e la cognata di Roberta Calzoni di 23 e 54 anni. Entrambe decedute. Si è salvato solo Mario Orsi che era già gravemente malato e nulla ha potuto per salvare moglie e figlia. E la mia assistita che tipo di danno ha subito e subirà? Ha perso nipote e cognata e si trova a doversi occupare del fratello che prima veniva accudito da moglie e figlia».

E tutto, come ha detto nella prima parte del suo intervento, per un «assile arrugginito la cui cricca da almeno 11 millimetri poteva essere vista se l’operatore non avesse avuto furia, se ci fossero stati i macchinari adeguati e un’organizzazione all’altezza nell’officina Jungenthal».