Romanini, ricorso respinto. Si aprono le porte del carcere

L'imprenditore camaiorese condannato a 16 per sequestro di persona

L'imprenditore Roberto Romanini

L'imprenditore Roberto Romanini

Camaiore, 14 luglio 2017 - E alla fine la scure della giustizia si è abbattuta su Roberto Romanini. Nel tardo pomeriggio di ieri la Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dagli avvocati difensori Elena Libone e Marco Taddei che si erano appellati alla suprema corte per annullare i 16 anni di condanna inflitti in primo grado (e confermati in Appello) all’imprenditore camaiorese per sequestro di persona a scopo di estorsione. Per Roberto Romanini, che al momento è ristretto ai domiciliari, potrebbero aprirsi presto le porte del carcere.

Gli avvocati difensori presenteranno quanto prima un’istanza al giudice dell’esecuzione per chiedere che il loro assistito venga tenuto ai domiciliari «per un’evidente incompatibilità al sistema carcerario, visto che è malato da tempo e ha bisogno di cure. Fra l’altro – sostengono i legali – sta già scontando una misura cautelare». La vicenda processuale che è passata ieri in giudicato è relativa al sequestro di persona di Loreno Della Valle, ex socio in affari di Roberto Romanini. L’imprenditore fiorentino lo aveva denunciato sostenendo di essere stato attirato in una sorta di trappola sessuale, filmato a sua insaputa e poi ricattato. E ha aggiunto di essere stato portato in un casolare, ammanettato a una sedia, percosso e minacciato con una pistola.

«Nel nostro ricorso in Cassazione – ha spiegato l’avvocato Elena Libone – ci eravamo concentrati su due aspetti secondo noi rilevanti: l’inattendibilità della persona offesa, perché a nostro avviso c’erano delle prove evidenti che confutavano le sue accuse; e poi abbiamo insistito molto su una riqualificazione del reato: anche il pubblico ministero in primo grado aveva espresso più di un dubbio che si potesse parlare di sequestro di persona a scopo di estorsione. Era più corretto, a nostro avviso, parlare solo di estorsione. Ed è evidente che sarebbero cambiati i termini della questione». La Cassazione, rigettando il ricorso, ha invece legittimato le sentenze di primo e secondo grado, confermando la tesi accusatoria secondo la quale il Romanini aveva sequestrato l’ex socio in affari e lo aveva ricattato per fargli firmare un contratto economicamente a lui vantaggioso. La condanna che dovrà scontare, pertanto, è di 16 anni. Spetterà adesso al giudice dell’esecuzione stabilire tempi e modalità della sua (eventuale) riduzione in carcere.

Paolo Di Grazia