Lacrime e applausi per Lorenzo. I ricordi degli amici durante i funerali / FOTO

Stroncato, a 18 anni, in due settiane da una leucemia fulminante

Lorenzo Burgalassi

Lorenzo Burgalassi

Crespina, 14 settembre 2017 - LACRIME, applausi e un mazzo di palloncini bianchi vola in cielo mentre gli amici mostrano lo striscione con le parole di «A te» di Jovanotti. Ieri nella piccola chiesa di Tremoleto a Crespina è stato dato l’addio a Lorenzo Burgalassi, il diciottenne ucciso da leucemia fulminante e molto conosciuto in Versilia per aver militato nelle giovanili del Viareggio, prima di passare alla Lucchese e attualmente a vestire la maglia come difensore del Tuttocuoio in serie D. «Lorenzo era un ragazzo buono, ci faceva ridere e scherzare – ha detto un amico alla fine della funzione funebre officiata da don Andrés Jorge Echeverry Molina, il parroco di Fauglia e Tremoleto – a scuola ricordo le sue facce durante i compiti di matematica o chimica quando non ci riusciva un esercizio. Le corse a prendere la merenda, le partite a briscola e i momenti seri quando parlavamo di noi, dei nostri problemi e del nostro futuro».

Applausi e lacrime della folla silenziosa nella piazzetta fuori dalla chiesa, stretta attorno al dolore straziante della mamma Alessandra, di papà Luca e della sorellina. Un mare di giovani, i tanti amici e compagni della quinta dell’istituto Pesenti di Cascina, i ragazzi che con Lorenzo hanno condiviso la grande passione per il calcio. Fino a pochi giorni da Lorenzo era con loro, nell’ennesima trasferta: poi quella febbre improvvisa che non se ne andava, gli accertamenti e il terribile responso di un male che l’ha strappato alla vita in appena due settimane.

AL TERMINE della cerimonia funebre il saluto dei dirigenti della squadra neroverde: «Non ti dimenticheremo mai». Don Andrés ha avuto parole di speranza per la famiglia e gli amici raccontando una sua tragica esperienza personale: la morte del fratello gemello ucciso in Colombia dai ladri che volevano derubarlo. «Avevo venti anni – ha detto don Andres – e la presi molto male. Mi chiedevo dov’era e se c’era Dio. Poi ho capito che la strada giusta per continuare a sentire vicino il mio gemello era quella della fede. Ora lui mi guida dall’alto e mi ha accompagnato sempre, anche quando sono diventato sacerdote. Prego per Lorenzo e per i suoi compagni di squadra – ha detto – ora Lorenzo gioca in cielo una partita molto più importante». La bara è stata portata fuori dalla chiesa e al cimitero, a spalla, dai compagni di squadra del Tuttocuoio.