Arriva un mandato di comparizione. Ma è morto da 4 anni

La rabbia dei familiari di Enrico Balderi

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Seravezza, 19 maggio 2017 - La notifica di un’udienza penale, proprio a quattro anni dalla scomparsa dell’architetto Enrico Balderi, è una beffa per la famiglia. Il noto dirigente del settore edilizia e urbanistica, a cavallo degli anni novanta e duemila, sarebbe paradossalmente chiamato a comparire per uno dei tanti processi penali che hanno visto Balderi a giudizio per abuso d’ufficio in concorso con privati cittadini. Una storia dolorosa storia che ha segnato la moglie Cristina e i figli Matteo e Emilia. «Era un professionista amato – ricordano – e il suo nome è stato infangato a causa di segnalazioni anonime. Tra il 2006 e il 2007 è stato raggiunto da ben cinque avvisi di garanzia perchè, secondo l’ipotesi accusatoria, aveva rilasciato permessi edilizi favorendo dei privati cittadini. Mio padre era un uomo forte ma da quel momento in tanti gli hanno girato le spalle: ha perso il suo posto da dirigente nel Comune; è stato emarginato da quasi tutti e da lì è iniziato un cammino costellato di dolori e umiliazioni che lo hanno portato prima alla depressione e poi a vivere in uno stato di apatia, sino a lasciarsi morire».

Dopo la lunga battaglia legale dell’avvocato Leonardo Tarabella, Balderi è stato assolto, tra il 2012 e il 2013, con formula piena, in quattro dei cinque processi. Mancava il quinto, appunto. Di cui Balderi non potrà vedere la fine. «Enrico era una persona buona – commenta il legale – e in tante occasioni, quando ci trovavamo per studiare le carte ed affrontare questioni tecnico/urbanistiche di cui era maestro, mi ha confidato il suo senso di disgusto per quello che viveva come un profondo tradimento. Era diventato un uomo triste. Tuttavia quando gli comunicai le ampie assoluzioni ottenute nei processi penali che lo avevano visto coinvolto, una luce gli brillò negli occhi. Era la luce del riscatto. Purtroppo questa luce non potrò vederla nei suoi occhi per l’ultimo processo che ci mancava per completare quello che mi piace definire ‘il nostro percorso’».