Odissea per fare una Tac a contrasto: ago rotto, malore dopo due tentativi

Per le lunghe liste d’attesa, da Viareggio era dovuto andare a Massa

Una Tac (foto d’archivio). Un viareggino protesta per i disagi relativi a un controllo effettuato all’Opa

Una Tac (foto d’archivio). Un viareggino protesta per i disagi relativi a un controllo effettuato all’Opa

Viareggio, 2 settembre 2017 - Non bastano le difficoltà e le fragilità di una patologia, con cui imparare a convivere. Ci sono anche le difficoltà e le fragilità del sistema sanitario, con cui doversi confrontare. «Ed è ingiusto», denuncia G.D. A questo viareggino ne sono capitate tante, «un giorno, rimanendo in attesa alla cornetta per prenotare una visita al centralino del Cup – racconta – mi sono stati addebitati 10 euro. Le sembra normale? Ho speso 10 euro per stare in attesa». Per tre volte invece si è visto rinviare un intervento, «ero già in ospedale, pronto; ma la sala dedicata alle persone affette da diabete, come me, non era disponibile».

L’ultima disavventura risale a lunedì, e questa volta ha deciso di rivolgersi ad un legale per sporgere denuncia. «Dopo due mesi d’attesa – spiega – era arrivato finalmente il giorno della Tac, esame da effettuare con mezzo di contrasto». Per farla in tempi ragionevoli però deve andare fino all’Opa di Massa, questo è l’effetto dell’Area Vasta e del nuovo nomadismo sanitario. L’uomo si sistema sul lettino, il medico inserisce l’ago per iniettare il liquido di contrasto. «Neppure un minuto dopo l’inizio – sento qualcosa gocciolarmi sul braccio. Sono una persona ansiosa, ma mi convinco che non è niente. Che forse può succedere. Subito dopo vengo completamente ricoperto da quel liquido vischioso: in faccia, tra i capelli, sulla maglietta». Allora chiede di interrompere la visita, l’infermiera lo aiuta a ripulirsi. Poi l’esame riprende, «dopo mezzo minuto il liquido ricomincia a spruzzare ovunque. Allora ho cominciato ad urlare, era chiaro che qualcosa non andasse come doveva».

«Solo a quel punto – aggiunge – interviene il primario, e subito si accorge del problema: ‘rottura del raccordo di infusione’ certifica. In sintesi quella cannula era difettosa. Intanto col diabete a 100 sono iniziati i capogiri. Ma nessuno me lo ha misurato, l’ho fatto da solo con il mio apparecchio. Ho chiesto una bustina di zucchero, per riprendermi». Perché da Massa, poi, doveva anche tornare a Viareggio. «Abbiamo un ospedale in Versilia, mi chiedo perché un utente debba spostarsi in giro per la Toscana. Io, con un po’ di difficoltà, riesco ancora a guidare. Nonostante la mobilità un po’ ridotta sono andato a Lucca, a Pisa... E comunque, in casi estremi, posso contare sul sostegno della mia famiglia. Ma un anziano? Una persona sola? Questa sarebbe la sanità pubblica? Io, onestamente, non credo».