Viareggio, 17 maggio 2014 - VIAREGGIO provincia di Gricignano D’Aversa. Sembra una battuta, un paradosso. Ma forse, purtroppo, non è così lontano dalla realtà. Da quando cioè i potenti clan della Camorra — che hanno proprio nel paesino del Casertano uno dei loro più importanti feudi e luoghi di comando — hanno deciso di allungare i loro tentacoli in Toscana. A Viareggio e in Versilia, in particolare. Difficile capire il perché di questa progressiva proeizione delle losche attività nelle nostra terra. Forse all’origine la scelta è stata quasi casuale. Stando alle ricostruzioni fatte dagli investigatori che dal almeno 4 anni (dal 2010) hanno scoperto la pentola dei malaffari della criminalità organizzata in Versilia, l’inizio non è stato frutto di un’operazione pianificata a tavolino.

TUTTO nascerebbe dalla presenza in città di alcuni imprenditori edili originari della provincia di Caserta, arrivati a Viareggio una ventina di anni fa. Imprenditori edili dal passato irreprensibile, ma considerati oggi dagli investigatori come coloro che hanno favorito l’infiltrazione camorristica in Toscana, fuingendo da collegamento con Casalesi. Nel corso degli anni, infatti, grazie alla loro attività ‘pulita’, avrebbero favorito l’assunzione nelle loro aziende di alcuni camorristi che piano piano si sono insidiati in zona. Fuggivano da Caserta per vari motivi, sia perché taglieggiati dalla criminalità organizzata sia perché avevano fatto qualche sgarbo. Sarebbe nata così una piccola cellula di Casalesi che piano piano ha importato in Versilia gli stessi metodi adottati in Campania, scegliendo fra le vittime da tagliaggiare soprattutto altri imprenditori edili, la maggior parte dei quali campani pure loro.

LA CELLULA cresce grazie al racket, alle estorsioni e anche allo spaccio di droga. Attività quest’ultima essenziale per avere sempre a disposisizone grandi quantitativi di soldi freschi da prestare a usura o da reinvestire in attività lecite, almeno nella facciata. Ma tale cellula non sarà mai autonoma. I fili verranno mossi sempre dai grandi boss della mala, come i Russo, gli Schiavone e gli Iovene. Anzi lo stesso Antonio Iovine, detto ’o Nennillo, trascorse a Viareggio buona parte della sua latitanza.

IL BOSS venne arrestato a Viareggio nel novembre del 2010. Il suo telefono era sotto controllo. Gli investigatori della Dda riuscirono a intercettare delle conversazioni dalle quali emerse che un gruppo di Casalesi di Gricignano D’Aversa, si era insediato a Viareggio. Nacquero così, da quell’arresto eccellente, tutte le indagini che hanno dato il via a diversi blitz e retate (clamorose quelle del febbraio e del luglio dello scorso anno) che portato in carcere affiliati e assoggettati ai clan. E al sequestro di n umerosi beni, fra cui — lo si ricorderà — anche l’ex storico bar Fappani (quando ovviamente la famiglia Fappani non gestiva più da tempo l’attività). Ognuna delle persone coinvolte, ovviamente, aveva un proprio ruolo ben definito all’interno dell’organizzazione: i colletti bianchi incaricati da fungere da collante fra il territorio e le famiglie di riferimento che vivono in Campania e, naturalmente, il braccio armato, la manovalanza incaricata di riscuotere il pizzo e di gestire il racket. Con ogni mezzo.
Paolo Di Grazia