Viareggio, 10 luglio 2013 - IL LICENZIAMENTO di Riccardo Antonini potrebbe rivelarsi un boomerang per Mauro Moretti, l’ad delle Ferrovie dello Stato, che fin dall’inizio dell’udienza preliminare per la strage di Viareggio in corso al Polo fieristico di Lucca, tramite il suo avvocato Armando D’Apote ha sempre sostenuto la sua estraneità in quanto amministratore della holding Fs e non di ogni singola azienda in cui le stesse Ferrovie dello Stato hanno ripartito le varie competenze.

Ebbene, il procuratore capo Aldo Cicala, tirando le fila — in appena 10 minuti — dopo gli interventi-fiume dei suoi sostituti Giuseppe Amodeo (che ha parlato un’ora e mezzo) e Salvatore Giannino (che ha tenuto la scena per 3 ore), ha fatto notare come nel caso del licenziamento di Antonini, dipendente di Rfi sia stata firmata proprio da Moretti la lettera di conciliazione che poi non era stata accettata. Come dire insomma che, secondo la Procura, Moretti non può dire di essere di Fs quando si parla di sicurezza ed essere invece di Rfi quando si tratta di licenziare un lavoratore impegnato, fra le altre cose, a denunciare le carenze, vere o presunte che siano, dei sistemi di sicurezza in ferrovia.


«Per quanto mi riguarda — ha spiegato il procuratore capo Aldo Cicala al termine dell’udienza di ieri — ho analizzato la posizione delle Ferrovie dello Stato in quanto holding e in particolare del suo amministratore delegato Mauro Moretti sulla base dello statuto che indica i compiti e le attività che deve svolgere. Da qui si evince che la holding ha competenza su tutte le attività delle singole aziende».


La Procura di Lucca insomma ha puntato l’indice sulle presunte responsabilità del numero uno in Ferrovie Mauro Moretti, mettendo a nudo un sistema, per così dire, di deregulation delle responsabilità che Fs, secondo l’accusa, avrebbe col tempo creato dando vita a una serie di comparti e aziende a se stanti. Un tema, quello della deresponsabilizzazione degli alti vertici delle Ferrovie dello Stato, che è stato ripreso da Riccardo Carloni, avvocato di parte civile. «Le Ferrovie — ha detto — non sono un cantiere navale che può prevedere la frammentazione della lavorazione in vari stabilimenti, ognuno responsabile della propria attività. Le Ferrovie sono un unicum che corre dalle Alpi alla Sicilia». Fa fede di questo ragionamento, secondo Carloni, un atto sottoscritto nel 2008 da Calogero Di Venuta, uno degli indagati, che si firmava non già come capo dipartimento regionale di Rfi, ma di Fs Spa. «Il fatto vero — ha detto ancora Carloni — è che in questi anni le Ferrovie dello Stato non hanno mai fatto una valutazione di rischio per il trasporto di merci pericolose».


Quella di ieri è stata una giornata estenuante, dominata dagli interventi fiume dei Pm che hanno condotto l’inchiesta. Giuseppe Amodeo prima e Salvatore Giannino poi, per quasi 5 ore complessive, hanno cercato di smontare pezzo su pezzo le linee difensive degli indagati, ricostruendo nel dettaglio quanto accaduto prima, durante e dopo il deragliamento del treno merci che la notte del 29 giugno 2009 causò la morte di 32 persone».
Paolo Di Grazia