di Paolo Di Grazia

 

Viareggio, 3 luglio 2013 - NON SONO mancati momenti di leggera tensione al termine della seduta di ieri mattina all’udienza preliminare per la strage di Viareggio. All’uscita dell’avvocato Ambra Giovene, alcuni familiari delle vittime, che hanno interpretato certi suoi passaggi come provocatori nei loro confronti, si sono fermati davanti a lei mettendo in mostra le magliette con su riprodotti i volti dei loro cari che non ci sono più. Ma tutto è finito lì. L’avvocato Giovene difende le posizioni di Michele Mario Elia, Giorgio Di Marco, Calogero Di Venuta e Mario Testa, alti dirigenti di Rfi, la società delle Ferrovie dello Stato incaricata di curare la manutenzione della rete ferroviaria. A suo dire non ci sono responsabilità diretta da attribuire ai suoi assistiti nei confronti dei quali ha chiesto al Gup Alessandro Dal Torrione il non luogo a procedere.
 

"MI SPIACE -ha esordito l’avvocato Giovene- chiamarla strage perché questa parola richiama altri episodi, ma si tratta comunque di strage perché ci sono 32 vittime". L’avvocato ha fatto riferimento a quanto detto da Daniela Rombi, presidente dell’associazione ‘Il mondo che vorrei’, sabato scorso in occasione del quarto anniversario della strage. "Se è vero che bisogna dare un senso a queste morti -ha detto l’avvocato di Elia- come ha sostenuto la signora Rombi, non dobbiamo dimenticare le regole processuali e mi spiace che la signora Rombi percepisca da parte nostra solo offese gratuite nei confronti delle persone decedute". L’avvocato Giovene ha sottolineato che Ferrovie dello Stato viene raffigurata nella parte del cattivo "ma ha una storia -sostiene- che merita rispetto, fatta di persone competenti e qualificate". Per difendere le quali, l’avvocato Giovene è entrata nel dettaglio tecnico approfondendo in particolare la questione legata all’antisvio, vale a dire, il particolare strumento che, a detta di molti tecnici, avrebbe potuto evitare il deragliamento del treno merci. L’installazione del dispositivo -si domanda in maniera retorica l’avvocato- avrebbe impedito l’evento? Era idoneo questo strumento tecnico ad evitare l’evento? Il poter impedire quanto accaduto è attribuibile ai miei assistiti?". Secondo l’avvocato Giovene la Procura "con maggiore onestà intellettuale avrebbe dovuto leggere gli atti senza accanimento perché il dispositivo antisvio intanto non è obbligatorio e poi non ha potere di impedire l’evento". L’avvocato Giovene è intervenuta anche sulla questione delle barriere. A suo dire queste ultime non avrebbero avuto influenza sulla quantità di gas che passa.
 

PRIMA di lei aveva preso la parola l’avvocato Filippo Sgubbi che difende Giuseppe Farneti e Stefano Rossi, funzionari di Rfi, il primo oggi in pensione. "Sono dipendenti di grande competenza e scrupolo -ha detto l’avvocato Sgubbi- e si trovano sbalzati in un meccanismo spaventoso di tipologia di reati enormi. Vengono accusati solo perché fanno parte di un’organizzazione. Ma l’enorme disgrazia non deve trasformarsi in un’ingiustizia per gli imputati. Gli addebiti che vengono mossi devono essere documentati con prove". Entra nel merito anche della questione del picchetto. "Ammesso e non concesso che sia stato quello la causa dello squarcio nella cisterna - ha detto - come si poteva prevedere l’evento, se mai in passato nulla di analogo era mai successo?". Sulla base di queste considerazioni l’avvocato Filippo Sgubbi ha chiesto il proscioglimento per i suoi assistiti.