Viareggio, 2 settembre 2011 - Dalla super-perizia sulla morte di Daniele Franceschi, deceduto nel carcere di Grasse, in Francia, il 25 agosto dello scorso anno, a soli 36 anni, emergono gravi responsabilità del personale medico e paramedico dell'istituto penitenziario: il personale, infatti, non sarebbe intervenuto con efficacia quando il trentaseienne viareggino diceva di stare male, accusando forti dolori al petto, prima di morire in cella. Il documento è stato consegnato il 10 agosto scorso al giudice istruttore Sandrine André dai due professori che l'hanno redatto su incarico dello stesso giudice francese che poi, il 30 agosto, l'ha depositato in cancelleria. Adesso finirà nelle mani del pubblico ministero che, probabilmente, formulerà ipotesi di reato per poi inviare, agli eventuali indagati, gli avvisi di garanzia.

''Si tratta di una perizia - spiega l'avvocato Maria Grazia Menozzi, uno dei legali italiani che assistono la mamma di Franceschi, Cira Antignano, nella sua battaglia per avere giustizia. - che potrebbe indicare un nesso causale tra quanto accaduto nel carcere e la morte di Daniele che, invece, poteva probabilmente essere salvato ma non è stato curato''. Dalla super-perizia, infatti, redatta da due professori francesi (un cardiologo e un medico legale) sulla base degli esami effettuati sul corpo di Daniele dopo la morte, delle testimonianze raccolte in carcere e di altre, precedenti, perizie,emerge che quando Franceschi si sentì male furono disattese le richieste di aiuto anche da parte del detenuto che era in cella con il giovane viareggino e persino di un agente di custodia. ''La lettura degli atti alla luce di questa perizia - spiega ancora l'avvocato Menozzi - lascia intravedere pure serie responsabilità dell'amministrazione penitenziaria''.

Non solo: la mattina del 25 agosto, giorno in cui Daniele - nel pomeriggio, alle 17 - morì, al giovane fu fatto un prelievo di sangue, per capire i motivi di quei dolori al petto, ma nessuno del personale medico e paramedico - sempre secondo la super-perizia -  andò a ritirare i risultati di quell'esame. Soltanto dopo la morte del giovane, avvenuta per un infarto secondo quanto poi emerso dall'autopsia e dai successivi esami effettuati in Francia, ci si accorse che nei risultati delle analisi del sangue c'erano chiari segnali di un infarto in corso.

La perizia, destinata ovviamente anche al pm francese che sta conducendo gli accertamenti, non contiene nomi: ''Non ci sono indagati, ma incrociando gli atti ed il contenuto della perizia anche i responsabili potranno avere un nome'', ha spiegato l'avvocato Menozzi definendo ''importantissima'' la perizia appena notificata.

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