Edoardo Vianello, il mito è senza età

Il re dei tormentoni estivi si racconta a Foligno

Edoardo Vianello

Edoardo Vianello

Foligno, 22 agosto 2016 - Con le sue canzoni celeberrime ha fatto la storia della musica italiana e con oltre 50 milioni di copie è tra gli artisti che hanno venduto il maggior numero di dischi. Mito indiscusso oltre le mode, le tendenze e le generazioni, Edoardo Vianello  conferma intatto il suo carisma e il suo amore assoluto, travolgente per la musica. «Mi considero  ancora un debuttante, ogni sera aspetto il momento glorioso di salire sul palco. Senza emozione non si rende» ci racconta in occasione del concerto di grande successo che ha tenuto venerdì per la rassegna ‘Paiper’. «Giro l’Italia con il mio repertorio, corredato da aneddoti e retroscena che incuriosiscono Il pubblico» aggiunge. E con l’occasione si alza il velo su quanto e come il panorama musicale sia cambiato in 50 anni di carriera. Quali sono i successi che non possono mancare nei suoi concerti? «Ovviamente ‘Abbronzatissima’, ‘Pinne fucile e occhiali’, ‘I Watussi’, ‘Guarda come dondolo’, ‘O mio signore’, Tremarella’, ‘Semo gente di borgata’, ‘Il capello’. E la canzone del cuore? «Diciamo ‘Abbronzatissima’, è quella che il pubblico ama di più». C’è una formula per creare tutti questi successi? «Magari la conoscessi, ne avrei fatti un paio di mila in più. Semplicemente, c’è una serie di casualità» Ma la musica, in questi anni, come è cambiata? «E’ cresciUta dal punto di vista tecnico e culturale, oggi chi fa musica la conosce meglio di noi che cantavamo negli anni Sessanta. Però si è persa la spontaneità, la creatività di quel periodo, oggi la musica si è esasperata finendo per non offrire più le stesse emozioni». Lei è considerato il re dei tormentoni estivi. Che ne dice di quelli di adesso? «Non so se oggi ci siano, le canzoni vanno valutate a distanza di anni per vedere se conservano l’interesse del pubblico. I nuovi brani eccitano sul momento ma non restano nel cuore, sono basati sui testi, più complessi rispetto ai nostri che nascevano in un momento in cui la mente era libera di scrivere cose semplici». Che pubblico viene ai concerti? «Lo zoccolo duro è di spettatori della mia generazione. Poi però vengono anche giovani, curiosi di capire perché sto ancora sul palco. E restano sorpresi, non immaginano che queste canzoni, ascoltate dal vivo, abbiano un impatto così forte». E perché è ancora sul palco? «La molla è l’amore per il lavoro, la soddisfazione di farlo con un pubblico che mi apprezza. Questo mi esalta e mi convince a continuare». Il suo legame con l’Umbria? «La amo per la sua natura, per la morbidezza del paesaggio e la genuinità degli abitanti. Mi piace che sia rimasta incontaminata».