Giovedì 18 Aprile 2024

Rudy Guede torna in Cassazione. Un furto gli blocca i permessi

L’ivoriano è stato condannato a 16 anni per l’omicidio di Mez

Rudy Guede

Rudy Guede

Perugia, 3 dicembre 2014 - C’È UN PROCESSO che potrebbe complicare il futuro di Rudy Guede. Oltre a quello per il quale è stato condannato in via definitiva a 16 anni per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, venerdì la Cassazione deciderà se confermare o meno la condanna a un anno e cinque mesi di reclusione per il furto in un asilo di Milano avvenuto nell’autunno 2007. La sentenza del giudice monocratico lombardo, del febbraio 2013, è stato confermata in appello 14 mesi dopo. Se le toghe di piazza Cavour dovessero ritenere Guede ancora colpevole, questa decisione potrebbe pesare come un macigno sui permessi premio (di cui ancora non ha beneficiato). Secondo la versione difensiva degli avvocati Nicodemo Gentile e Valter Biscotti l’ivoriano «andò nell’asilo per cercare riparo».

Nel processo di Perugia contro Amanda Knox e Raffaele Sollecito era stata chiamata a testimoniare dalle difese dei coimputati per dimostrare che Rudy era un ladro. «Quella mattina – aveva spiegato in aula la titolare del ‘Kinder Garden’ – mi recai all’asilo perché avevo appuntamento con un fabbro. Ero con mio figlio che aveva sei anni. Quando entrai vidi un ragazzo estraneo che usciva dal mio ufficio. Mi sono spaventata. Poi si rivelò essere il signor Guede. Era molto tranquillo, mi disse di essere un ragazzo di Perugia e di essere arrivato la sera prima con il treno. Non sapendo dove andare a dormire venne all’asilo. Aveva aperto il mio armadio probabilmente cercando dei soldi. Chiamai la polizia che nel suo zainetto trovò un coltello. Era quello della cuoca. Lo restitui». Rudy venne trovato dalla polizia in possesso di un computer rubato in uno studio legale di Perugia e di un’orologio d’oro.

IN UNA MISSIVA indirizzata al tribunale di Milano Guede aveva scritto: «Qualche giorno dopo tornato a Perugia mi adoperai per rintracciare l’avvocato al fine di spiegargli di persona il motivo per il quale mi trovassi in possesso del suo computer e del telefono cellulare, chiarendo con lui come si erano svolti i fatti. Oggi capisco che l’ingenuità non basta o non può bastare a giustificare le mie azioni. Oggi, sicuramente, diffiderei di chi mi offre una sistemazione improvvisata. così come non acquisterei incautamente merce usata senza concrete garanzie sulla provenienza».

I legali hanno chiesto alla Suprema Corte di Cassazione l’annullamentio della sentenza della terza sezione della Corte d’appello di Milano.

Enzo Beretta