Tagli agli uffici postali dell’Umbria: dipendenti licenziate dalle ditte di pulizie

«Poste riduce il prezzo degli appalti. Donne penalizzate»

 I residenti di Sant’Eraclio difendono l’ufficio postale; a lato Enrico Bruschi (Cgil)

I residenti di Sant’Eraclio difendono l’ufficio postale; a lato Enrico Bruschi (Cgil)

Perugia, 13 ottobre 2015 - SONO soprattutto donne, madri di famiglia, lavoratrici che spesso si fanno le ossa per un salario sempre più basso, pagato a singhiozzo, con arretrati anche di tre mesi. Sono i dipendenti che prestano servizio negli appalti delle pulizie degli uffici postali. Adesso la loro situazione lavorativa si è ulteriormente aggravata con la chiusura di numerose sedi, imposta anche qui in Umbria dal Piano di razionalizzazione di Poste italiane.

LO DENUNCIANO Enrico Bruschi, Filcams Cgil e Eros Cozzari dell’Ufficio vertenze Cgil. «Puntualmente, ad ogni cambio appalto, – dicono i sindacalisti – la ditta che lascia si trova in una situazione debitoria nei confronti dei lavoratori (stipendi non pagati oltre al Tfr) e l’unico modo per recuperare quei soldi è tramite il fondo di garanzia dell’Inps, quindi a carico della collettività». La Cgil spiega inoltre che ad ogni cambio appalto, Poste taglia i costi sulle pulizie e chi ci rimette sono i dipendenti, che si ritrovano sempre meno ore di lavoro, con le stesse metrature da pulire. Conseguenza inevitabile è quella di un servizio scadente. «Con l’attuale appalto le cose non vanno meglio, anzi, appena insediato la nuova ditta ha ridotto gli orari di lavoro, ha ritardato i pagamenti, e non ha corrisposto la 14°. «Inoltre – vanno avanti dal sindacato – in alcuni uffici si lavora attraverso il subappalto. Un sistema che rende ancora più precario e risicato il sistema delle retribuzioni». La Cgil racconta inoltre che alcune lavoratrici hanno segnalato non solo i ritardi delle mensilità dovute, ma anche la mancanza di materiale per pulire, come i detersivi e le spugne, oppure di vestiario (camici o guanti), che in molti casi vengono comprati a spese delle lavoratrici o portati direttamente da casa.

«LA DOMANDA di Bruschi e Cozzari: perché in questi appalti in cui è forte il rischio di illegalità e in cui i diritti sono calpestati, Poste italiane non interviene, nonostante le molteplici segnalazioni? La maggior parte delle volte, queste storie sono silenziose, sono storie di donne e uomini che si sentono declassati a lavoratori di serie B, che hanno grande difficoltà a far sentire la propria voce e a far emergere la proprio condizione. Ma proprio per lo sfruttamento e l’abuso che subiscono e visto che chi si avvale del loro lavoro è un soggetto di interesse pubblico nazionale, queste storie devono diventare materia su cui la politica e le istituzioni diano risposte immediate. Per questo chiederemo ai parlamentari umbri di interessarsi di questo caso e di cercare una soluzione che ridia speranza anche a tante altre persone nelle stesse condizioni».

Silvia Angelici