Lunedì 29 Aprile 2024

L'assalto a Parigi: "Io, cronista della rabbia nelle Banlieue"

Il racconto del giornalista perugino Fausto Belia, per anni a Parigi / IL RACCONTO DI UNA COPPIA: "NOI NELL'INFERNO DI PARIGI VIOLATA" / L'IMAM DI PERUGIA: "SIAMO UNA COMUNITA' DI PACE"

Il giornalista Fausto Belia

Il giornalista Fausto Belia

Perugia, 10 gennaio 2015 - «Vedere Parigi sotto assedio è incredibile. La capitale francese , come ieri mattina ha tentato ancora di sottolineare Hollande con la sua sia pur breve passeggiata in centro, è sempre stata una città sicura. Anche quando a Londra o Madrid si verificavano attentati omologhi a quelli dell’11 Settembre, lì si aveva la certezza diffusa che il lavoro di intelligence e le leggi speciali a disposizione della polizia della Republique avrebbero sempre potuto prevenire fatti del genere... ». A parlare è Fausto Belia, giornalista perugino che ha vissuto per anni a Parigi come corrispondente dell’Ansa. Durante quel periodo egli si trovò a seguire la rabbiosa rivolta dei ragazzi (per lo più di origini islamiche) delle periferie parigine, gli stessi quartieri nei quali sono cresciuti i terroristi autori della strage nella sede di Charlie Hebdo e della morte di una vigilessa, oltre che del sequestro di vari ostaggi.

«Questa è proprio l’onda lunga delle Banlieue – dice Belia –. Ho avuto modo di constatare la rabbia di quei ragazzi che con le loro barricate, le loro azioni, cercavano una rivincita in realtà difficilissima. Figli di immigrati provenienti dalle colonie francesi, per lo più magrebini e africani, nascono come francesi ma restano comunque emarginati. E loro che si sentono discriminati, francesi di serie B, finiscono per diventare terreno fertile del reclutamento Jihadista. In Francia la tanto sbandierata integrazione in realtà è una enorme incompiuta. Quella francese è una società molto chiusa, molto più rispetto a quelle inglese e americana che hanno provato a risolvere le cose con le quote. Strategia che pare abbia funzionato. Alle Banlieue, durante la lunga rivolta dell’autunno 2005, anche noi giornalisti – continua – andammo, ma di giorno. Dalle 17 in poi, dopo il tramonto insomma da quelle parti scatta il coprifuoco. Nemmeno la polizia si addentra più in quelle zone». Conosceva i colleghi di Charlie Hebdo? «Sì, di vista. Erano stati più volte oggetto di minacce, dopo la pubblicazione delle vignette uscite in Danimarca. Avevano cambiato più volte sede. Erano uno degli obiettivi ‘sensibili’, di sicuro...». I servizi segreti e le forze speciali francesi in difficoltà, prima del tragico epilogo. «Altro fatto singolare. Hanno sempre avuto – conclude Belia – fama di grande efficienza sia all’interno della Francia che fuori... ».