Greenpeace, attivisti nudi per protesta a Castelluccio di Norcia

La giornata di mobilitazione mondiale dell'associazione ambientalista contro il PFC è passata anche per l'Umbria: gruppo di attivisti nudi si fotografa sotto al Vettore

Greenpeace a Castelluccio di Norcia

Greenpeace a Castelluccio di Norcia

Norcia, 8 febbraio 2016 - Dalle località sciistiche ai parchi italiani, amanti della natura insieme agli attivisti di Greenpeace ieri hanno deciso di spogliarsi o mascherarsi per protestare contro «la presenza di sostanze chimiche pericolose e persistenti, dannose per la salute e l'ambiente, nei prodotti dei maggiori marchi del settore outdoor». E la protesta è passata anche per l'Umbria. Un gruppo di attivisti nudi si è fatto fotografare sotto al Monte Vettore. Una mobilitazione globale, che si è tenuta in questi giorni in 19 Paesi del mondo dall'Australia alla Cina, dalla Germania alla Norvegia. Nel rapporto «Tracce nascoste nell'outdoor», pubblicato da Greenpeace, emerge come alcuni marchi dell'abbigliamento sportivo continuino a usare Pfc per impermeabilizzare i loro prodotti. I Pfc sono composti chimici che, una volta immessi nell'ambiente, possono diffondersi ovunque inquinando anche le aree più remote del Pianeta accumulandosi nei tessuti degli animali e nel sangue umano. Queste sostanze, continua l'associazione ambientalista, «possono causare seri danni al sistema riproduttivo e ormonale, oltre ad essere collegati a numerose malattie gravi come il cancro». «Non potendo andare in montagna con vestiti privi di Pfc, perché sono ancora poche le aziende che li hanno eliminati, abbiamo deciso di vestirci in modo insolito per far riflettere gli appassionati di montagna e sport all'aria aperta ma anche i marchi più popolari sulla necessità di non usare sostanze pericolose» afferma Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace Italia. Greenpeace ha analizzato 40 prodotti trovando Pfc non solo nell'abbigliamento, ma anche in scarpe, tende, zaini, corde e sacchi a pelo. Solo in 4 prodotti (il 10 per cento quindi) non sono stati rilevati Pfc, a dimostrazione che è possibile produrre abbigliamento impermeabile non utilizzando sostanze chimiche così pericolose. «È paradossale che quando indossiamo l'abbigliamento per attività in mezzo alla natura contribuiamo a contaminarla con sostanze pericolose. Con la protesta di oggi gli appassionati dell'outdoor chiedono ai loro marchi preferiti di invertire la rotta e scegliere alternative più sicure» conclude Ungherese.