Niente indennizzo alla famiglia di David Raggi, è bufera

Terni, il fratello Diego: «Quei soldi li avremmo dati in beneficenza»

LA VITTIMA David Raggi fu ucciso  nel marzo 2015   da un marocchino clandestino ubriaco

LA VITTIMA David Raggi fu ucciso nel marzo 2015 da un marocchino clandestino ubriaco

Terni, 27 luglio 2016 - «LO STATO non ci ha mai accolto né protetto, per questo ora non mi sento abbandonato. Penso però a tutte quelle famiglie che hanno bisogno di questi soldi e non riusciranno ad andare avanti»: così Diego Raggi, fratello di David, ucciso nel marzo 2015 a Terni da un marocchino clandestino ubriaco, commenta il mancato indennizzo, per motivi di reddito, alla sua famiglia. Che avrebbe comunque usato quei soldi «per costituire una fondazione o darli in beneficenza. Il fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, istituito dalla legge 122 del 7 luglio scorso, prevede infatti un limite massimo di reddito di 11.500 euro per accedervi, mentre nel caso di Raggi il giovane ne guadagnava oltre 13mila.

«CON QUEI SOLDI - sottolinea ancora Diego - non ci saremmo di certo arricchiti. Li avremmo usati per fare del bene, perché l’obiettivo principale della nostra battaglia non è quello di avere un risarcimento, ma che paghino coloro che dovevano controllare e non l’hanno fatto». «Sono figlio di un operaio - continua Diego Raggi - e io stesso lo sarò probabilmente per sempre. Fortunatamente nella mia famiglia tutti lavoriamo. Ma come faranno tanti altri per i quali quei soldi sono fondamentali? Non credo comunque ci siano i margini per cambiare questa norma, le cose ormai sono state decise». La famiglia Raggi intende tuttavia continuare a battersi nell’ambito del giudizio civile intentato contro ministero dell’Interno e della Giustizia - il primo per la mancata espulsione del marocchino, il secondo per la mancata esecuzione di un cumulo di pene -, e per il quale è prevista udienza il prossimo 8 novembre davanti al tribunale di Roma. «A costo di ipotecare la casa, visto che noi l’avvocato dobbiamo pagarlo - continua Raggi -, andremo avanti fino alla fine perché oltre all’assassino, condannato ‘solo’ a 30 anni reclusione, venga punito anche chi deve essere punito, visto che nel frattempo ci sono stati altri eventi che, come il nostro, hanno fatto male a tutta la nazione». La famiglia Raggi, anche nelle ultime ore, continua comunque a ricevere telefonate e messaggi di solidarietà. «Questo sì che è un abbraccio caloroso - conclude con amarezza Diego -, di certo non quello dello Stato».