Filippo Timi conquista il Lido: «Io, prof dalla parte dei ragazzi»

L’attore umbro sul red carpet da protagonista nel film «Questi giorni» di Piccioni

L’attore perugino Filippo Timi

L’attore perugino Filippo Timi

Venezia, 9 settembre 2016- E’ stato il ‘suo giorno’, ieri, alla Mostra del cinema di Venezia. Filippo Timi è sbarcato al Lido per presentare il terzo film italiano in concorso, «Questi giorni» di Giuseppe Piccioni, che giovedì 15 uscirà nelle sale. Una pellicola che porta forte l’impronta dell’Umbria: l’attore perugino interpreta il ruolo di un professore nella storia di quattro ragazze e di un viaggio decisivo che si ispira a un libro della folignate Marta Bertini, mentre la sceneggiatura è firmata anche dall’orvietana Chiara Atalanta Ridolfi. Per Timi è stato l’ennesimo bagno di folla, in un Festival che già tante volte lo ha visto protagonista.

Ci racconta il suo personaggio?

«E’ umano, tenero, un professore di letteratura, un vero insegnante perché capisce che l’esperienza vale solo se condivisa e punta tutto sui suoi allievi, sui giovani».

Ci si è ritrovato?

«Molto, all’inizio del film il mio personaggio spiega «Il paradiso perduto» di Milton che ho avuto la fortuna di portare a teatro. E poi, quando faccio i miei spettacoli come regista mi trovo a dare indicazioni, a spiegare le scene. C’è lo stesso atteggiamento, devi coinvolgere, tenere alta l’attenzione. Come la prof di greco di mia nipote che insegna l’alfabeto greco paragonandolo al sesso».

Ma insegnanti del genere li ha avuti?

«Certo, ricordo la professoressa Cenci all’Istituto d’arte Bernardino di Betto. Mi insegnò che per trovare l’infinito basta mettere un punto, e quindi mi ha fatto amare la matematica. E poi la professoressa Maggioli, come una mamma, mi regalava sottobanco i fogli, io adoravo disegnare, facevo solo quello tutto il tempo».

Come è andata con il regista?

«Mi piace lavorare con lui, ha uno sguardo ricco di grazia, essenziale, non cerca mai la performance, insieme abbiamo sfumato il mio personaggio».

Che valore ha essere alla Mostra di Venezia?

«Significa festeggiare il cinema, sempre più messo da parte, promuoverlo tra il pubblico, io lo vedo come un matrimonio con una grande famiglia. E’ una festa di vari giorni, molto faticosa. E’ un circo, sembra assurdo che sia un lavoro».

E i legami con l’Umbria?

«Sono sempre fortissimi. A marzo torno al Morlacchi con il nuovo spettacolo, «Casa di bambola», ora sto finendo di scrivere il mio nuovo romanzo, dove parlo dell’Umbria, di Perugia e di Ponte San Giovanni e tutto torna fuori. Queste sono le mie radici, da cui per fortuna è impossibile scappare».

Cosa fa appena torna a casa?

«Un bacio alla mamma, mangio la torta al testo e corro al percorso verde con il mio cane».