di Sofia Coletti

PERUGIA, 9 aprile 2014.  “Ho lavato il mio perugino con l'acqua fredda e il bicarbonato, ed eccomi qui, emozionatissimo e felice di tornare a casa”. E' un doppio ritorno quello di Filippo Timi che ancora una volta travolge come un ciclone i teatri umbri. Lo fa con “Skianto”, nuovo monologo intenso e struggente, “pieno di parole buone ma dolorose, nato da un bisogno di dolcezza infinita”, coprodotto dal Teatro Stabile dell'Umbria con il Franco Parenti di Milano.  “Skianto” (“scritto con la k perché fa molto anni '80 e perché mi sono davvero schiantato contro il ruolo e i sentimenti” racconta Filippo con calore ed entusiasmo ) è reduce dal grande successo conquistato a Milano e ora affornta i palcoscenici di casa: il debutto a Gubbio, poi mercoledì 9 a Narni, giovedì a Foligno, venerdì a Todi, sabato ad Amelia per finrie domenica in Toscana al Poliziano di Montepulciano . ”E' un testo in dialetto edulcorato e sono felice di portarlo qui” ripete l'attore, scrittore e regista di Ponte San Giovanni e si capisce che questo è uno spettacolo importante, decisivo per lui, che lo coinvolge completamente. “Torno al monologo 10 anni dopo “La vita bestia” perché ho chiuso un cerchio e ne apro uno nuovo, per questo devo tornare alle origini, a quel mondo lì, è un valore aggiunto”.
Estroso e travolgente, Timi è oggi il mattatore del teatro italiano, uno dei pochi, forse l'unico, che garantisce sempre il tutto esaurito e l'entusiasmo di pubblico e critica. E Skianto non fa eccezione. Lui insiste: “Il Don Giovanni era una rincorsa verso la sfrenatezza, questo nasce da un'esigenza di dolcezza, la peculiarità più forte è il testo, il linguaggio che trascina un cambio espressivo, a livello etico ed estetico. Concretissimo e toccante, un'esasperazione del grifagno che è in me”.
Ma cosa racconta Skianto? “Con Giuliett'e Romeo, anche quello in dialetto, avevo abbassato il tiro qui lo alzo e creo una poetica della dolcezza, una storia piccola, umana e universale: un bambino-ragazzo con la scatola cranica sigillata, isolato e bloccato nel suo mondo. Però lui sogna, immagina, desidera, diventa un pattinatore, un centauro e penso che là dentro potrebbe esserci chiunque. Io parlo di me, di una mia cugina, di tutti noi. Tutti abbiamo un mondo interno e sogni che sappiamo non si realizzeranno mai”. E come si traduce in scena? ”A me piace sempre unire il sorriso con le lacrime, parti toccanti e altre concrete, la comicità e la commozione come accade con un video di gattini che si sovrappone alle canzoni di Andrea Di Donna, il chitarrista che mi affianca in scena, bravissimo. E poi ci sono i costumi, emozionanti, belli e significativi”. Apprezzatissimo e super richiesto al cinema, in teatro in tv, Timi non dimentica il valore e la forza delle origini. “Scrivo in un perugino comune, ho un bisogno pazzesco di comunicare con gli altri a tutti i livelli. Questo è l'universo che mi è capitato, non voglio sfuggirlo. Sono scappato a 20 anni poi sono tornato per trovare il bello".