Perugia, 17 febbraio 2011 - Sembra una storia d’altri tempi quella del "Calycanthus Chorus" di San Fortunato della Collina. Un coro che prende il suo nome da un fiore, vanta un’attività sempre più intensa e, come tante altre formazioni umbre, ha il suo centro di gravità nella parrocchia del paese. Il cuore pulsante, invece, è tutto nell’entusiasmo appassionato e trascinante del direttore e fondatore, Daniela Rossi, pronta a rievocare l’avventura.

 

Allora, come nasce il coro?

"In modo curioso — racconta —. Mi ero appena trasferita a San Fortunato della Collina, in una casa nella piazza principale e una domenica mattina ho sentito un gruppo di ragazzine che facevano le prove per il canti della messa. Mi sono affacciata dal balcone e ho fatto una semplice domanda: ‘Vi serve una mano?’. Tutto è cominciato da lì".

 

Poi come è proseguito?
"Ben presto abbiamo iniziato a organizzarci, l’organico è cresciuto, abbiamo iniziato a cantare a 2 voci, poi a 4, con parti maschili e femminili. A un certo punto il parroco, Don Giovanni Tiacci, fantastico, ci ha chiesto un impegno maggiore, più consistente. Il coro è nato ufficialmente nel 2003".

 

Da lì l’evoluzione è stata decisamente rapida...
"Sì, con con grande divertimento, passione ed energia. Il coro si è evoluto, tante persone si sono avvicinate in modo autonomo, abbiamo coinvolto molti che prima non avevano mai cantato. Oggi abbiamo un organico di una ventina di cantori, ci riuniamo una volta a settimana in un’aula della scuola materna che la circoscrizione che ha messo a disposizione".

 

Come è la vostra attività?
"Abbiamo partecipato a rassegne locali e regionali, ma adesso è arrivato davvero il momento di fare il salto di qualità. Siamo in una fase delicata, i coristi lo sanno e sono un po’ preoccupati per l’impegno e le responsabilità che richiederà questo passaggio..."

 

Una curiosità, il vostro nome?
"È quello di un fiore particolarissimo, che sboccia l’inverno quando la natura è immobile: è un’idea che ci piace moltissimo, quella dell’attività creativa che sboccia dove non c’è nulla. E poi i petali dell’Alychantus sono piccoli, un po’ bizzarri ma insieme formano un fantasioso calice. Il nome però non l’ho scelto io, è il frutto di votazioni su votazioni e anche la sezione maschile ha apprezzato molto la scelta".

 

Quale è la molla alla base di tutto il vostro impegno?
"Non lo so, anch’io sono stupita di come il coro vada avanti nonostante difficoltà e problemi. E’ un miracolo tenere insieme 20 persone con le loro esigente però abbiamo una parrocchia molto forte e il parroco ci sostiene, ci fa sentire importanti. Cerchiamo di dare spazio e voce a tutti. E poi io adoro insegnare, mi piace trasmettere la passione per la musica. Basta accendere la miccia, poi va avanti da sola..."