«In carcere innocente», ora Raffaele Sollecito chiede il risarcimento

I suoi legali: «516mila euro per le sofferenze patite». Il procuratore generale invece frena

Raffaele Sollecito processato per  l’omicidio di Meredith Kercher fece 4 anni di carcere. Poi assolto in via definitiva

Raffaele Sollecito processato per l’omicidio di Meredith Kercher fece 4 anni di carcere. Poi assolto in via definitiva

Perugia, 10 settembre 2016 - Un altro braccio di ferro, stavolta sul piano economico. Lo strascico più importante del giallo di Meredith Kercher, la giovane studentessa assassinata a Perugia nel 2007, è la richiesta di risarcimento danni per ingiusta detenzione avanzata da Raffaele Sollecito, che sarà discussa il 20 ottobre davanti alla Terza Sezione della Corte d’Appello di Firenze. L’ultimo giudice di merito ad occuparsi dell’inchiesta dopo il rinvio della Cassazione. L’udienza è stata fissata negli ultimi giorni.

Ma che sarà battaglia, di nuovo, è ‘anticipato’ dalla tesi sostenuta dal Procuratore generale Alessandro Crini, lo stesso che condusse l’appello-bis ai fidanzatini, ottenendo la condanna poi azzerata definitivamente dai giudici di piazza Cavour. Gli avvocati Luca Maori e Giulia Bongiorno, che assistono Raffaele, chiedono il massimo consentito dalla legge per «le sofferenze patite, di grado massimo»: 516mila euro. Quei quattro anni in cella da innocente.

Il procuratore generale invece fa muro. Non solo sostiene che la competenza a decidere sia dei colleghi perugini, ma soprattutto che Raffaele non avrebbe diritto a un euro perché il suo arresto fu causato da egli stesso, cioè dalle dichiarazioni e dal comportamento assunto. Una partita tutta da giocare in aula. Nel ricorso depositato nel gennaio scorso, Maori e Bongiorno ripercorrono il calvario di Raffaele. L’arresto a soli 23 anni. I quattro anni in cella, i sogni spezzati. Dal lavoro agli studi e poi le conseguenze – scrivono – sul piano della salute, sia fisica che mentale. Forti di consulenze che descrivono il Sollecito post quattro anni in carcere, e poi i sogni spezzati dal lavoro agli studi. E le conseguenze sul piano della salute fisica e mentale. «La custodia cautelare non solo allontanò – dicono – Raffaele dal mondo degli affetti, ma spezzò sogni e speranze di un laureando, ritardandone enormemente l’ingresso nel mondo del lavoro: anche dopo l’assoluzione in appello a Perugia nel 2011 – è riportato – Sollecito ha dovuto faticare non poco per continuare gli studi e per trovare una collocazione lavorativa, dal momento che per tutti Raffaele Sollecito era e continuava ad essere l’imputato di un efferato delitto». Vanno oltre i legali, chiedendo ai giudici di valutare il «ruolo assunto dalle clamorose dafaillances o amnesie investigative e dalle colpevoli omissioni di attività di indagine (i passi della sentenza di Cassazione che li manda assolti per sempre, ndr), le quali hanno contribuito in modo determinante a condurre in carcere un giovane cittadino innocente».