'Crudo', il ristorante senza fornelli. Ma la burocrazia ferma il progetto

Locale troppo piccolo, l’autorizzazione a somministrare alcol non arriva

Un ristorante (foto d'archivio)

Un ristorante (foto d'archivio)

Perugia, 22 maggio 2017 - E’ uno dei primi ristoranti in Italia che funziona completamente senza fornelli, con solo pietanze a crudo; i suoi proprietari hanno intenzione di organizzare eventi culturali e spettacoli al suo interno per renderlo un importante attrattore del centro storico e di ripulire anche via Baldo, la piccola traversa di Corso Vannucci a fianco della struttura che si trova in piazza della Repubblica.

Un investimento fatto da due giovani, neanche quarantenni, anche a beneficio dell’immagine della città. Ma nonostante ciò, «Crudo» – così si chiama il locale che sta per aprire – è bloccato dalla burocrazia. O meglio rischia di venire limitato nella sua attività solo «per volontà politica». Per gli spazi ristorativi che misurano meno di 50 metri quadrati infatti (e questo nel suo complesso è pari a 32 ) c’è il divieto di somministrazione di bevande alcoliche: per dirla in breve, con un piatto di sushi o di prosciutto umbro piuttosto che di formaggi di Norcia, non si potrebbe servire insieme un bicchiere di vino o di birra.

A vietarlo è una delibera del Consiglio comunale del 2012 che consente solo la vendita da asporto. Ed è per questo che i proprietari hanno scritto un documento all’intera giunta comunale e al sindaco (15 pagine), un vero e proprio appello in cui chiedono venga applicata la deroga – che è specificatamente prevista da quella delibera –, proprio perché quello che sta per aprire non è solo un semplice ristorante, ma molto di più. «Non chiediamo un favore sia chiaro – spiega Luigi Aloe, promotore dell’iniziativa – il progetto infatti ha tutte le caratteristiche per ottenere la deroga e dunque la somministrazione di bevande alcoliche, come riportato nella delibera comunale».

«Crudo» è infatti una «start up» che ha ottenuto il sostegno economico del Fondo europeo degli investimenti della Ue nell’ambito del Programma Horizon 2020 che premia le imprese che investono in ricerca, sviluppo e innovazione. «E’ un investimento da 100mila euro – continua Aloe – che proprio per le sue caratteristiche di qualità eonogastronomica, per il recupero di spazi architettonici di prestigio della città, per le attività culturali che intende mettere in campo, non può non ottenere quella deroga».

NELLE 15 PAGINE si fa anche richiamo a disposizioni in materia di concorrenza e a norme costituzionali che lasciano intendere come quella delibera abbia, dal punto di vista della legittimità, dei profili piuttosto deboli in verità. «Abbiamo incontrato qualche tempo fa l’assessore al Commercio, Cristiana Casaioli – conclude Aloe –, che aveva promesso un interessamento. Ma da allora nulla: abbiamo chiesto di sapere qualcosa, un riscontro. Ma niente. Tutto tace». Qualcuno, dal sindaco all’assessore, prima o poi dovrà pur rispondere.