«Pugno duro su Fontivegge. Migranti? Ci vuole più equità»

Parla il prefetto Raffaele Cannizzaro

Il prefetto Raffaele Cannizzaro

Il prefetto Raffaele Cannizzaro

Perugia, 17 aprile 2017 - FONTIVEGGE è una zona in cui si concentrano alcune marginalità che vanno tenute sotto controllo. E’ un nervo scoperto della città da prendere con razionale considerazione, senza emotività. Certo è importante anche la percezione di sicurezza su cui stiamo lavorando: gli interventi martellanti nella zona sono una scossa al percepito, più che al reale. Parola del prefetto di Perugia, Raffaele Cannizzaro

Cosa si sta facendo e cosa si può ancora fare per ‘restituire’ il quartiere alla città?

Ci sono strategie di controllo che prevedono anche l’applicazione del protocollo sulla legalità. Verifiche amministrative e di polizia, indagini di polizia giudiziaria che hanno un notevole riflesso sull’ordine e la sicurezza pubblica. Vengono svolti controlli nei negozi, nelle abitazioni. I dati incrociati. Tutto questo sta dando risultati ma nessuno canta vittoria. Non si può non vedere che vi è un’attività e un’attenzione costanti. Il fenomeno non è gravissimo ma nella città di Perugia ha una rilevanza particolare…

Insieme al questore e al sindaco è andato a vedere di persona la zona. Qual è la situazione?

Per essere considerato marginale ho trovato un quartiere tutto sommato esteticamente ordinato, pulito, ciò riflette l’attenzione dell’amministrazione. Fatta eccezione per alcune situazioni particolari: ci sono stabili non occupati che diventano occasione di ricovero di tossicodipendenti o luoghi ‘discreti’ dove esercitare lo spaccio. Cercheremo di intervenire anche con gli enti proprietari. Fatte queste eccezioni, in cui sicuramente vi è una presenza eterogena che non facilita il rapporto di vita quotidiana, Fontivegge ha potenzialità di essere meglio gestito e vi sono progetti importanti del comune. E’ un quartiere che può essere rivitalizzato anche se tutto ciò fa un po’ la lotta con la crisi economica e del commercio. Se vi sono attività che chiudono e locali vuoti anche in centro, lì saranno più difficili da riempire.

Aumenta anche a Perugia il fenomeno della violanza sulle donne. Come difenderle e come affrontare il problema.

E’ un fenomeno tanto antico quanto odioso. Si sta verificando un doppio canale di carenza di intervento. Il primo riguarda i meccanismi di difesa. Vi sono provvedimenti importanti che adottano sia la magistratura che il questore e sono poteri che vengono sicuramente esercitati. Ma molto francamente credo si debba andare verso una stagione di maggiore effettività della difesa. L’ammonimento o il divieto di frequentare luoghi comuni tra chi ha avuto rapporto affettivo può bastare? A mio avviso no, quando vi sia stata la conclamata certezza che vi sono pericoli bisognerebbe allontare chi ha commesso violenze. L’altro canale è lavorare sulla carenza di prospettiva del fenomeno. Non voglio fare facile psicologia ma ci sono state modifiche profonde nel rapporto uomo-donna ed è facile riscontrare nell’uomo maggiore debolezza che si trasforma in disagio. Serve un’educazione dei maschi del nuovo millennio.

A Tivoli è stata applicata la sorveglianza speciale ad un marito violento. E’ praticabile?

Il magistrato di Tivoli ha fatto uno sforzo interpretativo e ne ha avuto la possibilità, facendo leva anche su altre motivazioni. Sì, a me piacerebbe una misura di prevenzione da applicare in questo campo. Parlo dell’allontamento dai luoghi. E’ politica normativa, non compete al prefetto.

Immigrazione: gli arrivi nel Perugino sono bloccati dopo il terremoto. Ora ricominceranno. C’è disponibilità ad accogliere? Qualcuno si è tirato indietro...

Il blocco è una situazione che non potremo reggere per molto. Gli arrivi in Italia si stanno moltiplicando con un incremento del 30 per cento. Vedremo in quale misura saremo coinvolti. Si è approfittato di questo periodo di calma per tentare di fare una distribuzione più omogenea. Abbiamo fatto incontri e riunioni a cui, per la verità, non sempre hanno partecipato tutte le amministrazioni. L’ottica è quella di acquisire maggiore equità nella distribuzione. C’è squilibrio a sfavore del comune capoluogo che ospita molti più migranti di quelli che dovrebbe avere. Abbiamo alleggerito un pò il carico anche nella struttura di Ponte Felcino che continuerà ad essere punto di approdo».

Diciotto interdittive antimafia in un paio d’anni. E’ cambiato anche il metodo-prefettura o la realtà delle infiltrazioni è più complessa a Perugia?

C’è affinamento delle tecnica, maggiore consapevolezza, evoluzione delle norme e risposte della magistratura amministrativa. Tutto ciò si traduce anche qui in un lavoro più minuzioso che porta frutti importanti».

Con la ricostruzione cominceranno gli appetiti delle mafie. Preoccupato?

«La preoccupazione dichiara consapevolezza nel dover fare ma a livello di sistema – norme varate dopo il sisma – c’è la preoccupazione che il movimento di quattrini attira insidiose mosche. E’ un potenziale problema, peraltro non nuovo e non sconosciuto. Siamo consapevoli e attrezzati.

Terrorismo. Come è cambiato il modo di fare sicurezza negli eventi. Cambiano anche gli obiettivi sensibili

Ciò che è accaduto nel mondo negli ultimi 15-20 anni ha modificato la prospettiva dentro la quale noi abbiamo il dovere di vedere la sicurezza anche nella provincia di Perugia. Stiamo vivendo una stagione di grande cautela ma non di compressione dei livelli di libertà. Stiamo cercando di fare maggiore sicurezza nella maniera meno invasiva. Dovremmo continuare a mantenere la Basilica (di Assisi ndr) presidiata, la presenza di fedeli soverchia la capacità dei controlli di polizia. Da Assisi l’attenzione si allarga alle processioni con servizi diversi rispetto al passato. E dobbiamo tenere presente i luoghi maggiormente frequentati: i momenti di aggregazione pubblica che si svolgono in questa città hanno necessità di una messa a punto, come Eurochocolate.

Il ruolo del prefetto nella nostra epoca. E’ ancora concreto e incisivo? Spesso è vista come un’Istituzione sorpassata?

C’è un modo di concepire il ruolo dei prefetti: efficace ma discreto. Ciò che fanno i prefetti è codificato per la metà, il resto è nell’ambito di relazioni politico-istituzionali che non sono scritte e dipendono da un lato dalla missione di rappresentanza e dall’altro dalla capacità di porsi come interlocutore essenziale nelle vicende provinciali.