Devono testimoniare contro il clan, minacciati con il cuore di animale

Audizione protetta per l’indagine sugli spari alle vetrine dei negozi

Il blitz scattò nel 2014 in seguito agli spari contro le vetrine a scopo intimidatorio

Il blitz scattò nel 2014 in seguito agli spari contro le vetrine a scopo intimidatorio

Perugia, 27 settembre 2016 - Sono testimoni «protetti». Perché a loro vennero indirizzate minacce in stile mafioso, come il cuore di animale davanti a casa, il pezzo di legno simboleggiante la bara e, con la paura addosso, decisero di collaborare con i carabinieri del Ros svelando i retroscena dell’organizzazione calabrese che, da una parte importava droga a bordo di trolley dalla Calabria, dall’altra ‘intimoriva’ a colpi di arma da fuoco chi non si allineava alle regole. Come commercianti di Ponte Felcino e Ponte San Giovanni.

Ieri mattina davanti al presidente del Penale, Gaetano Mautone, in funzione di giudice per l’udienza preliminare, è stato sentito uno dei testimoni protetti che ha spiegato – nascosto da un paravento – perchè lui e la compagna alla fine decisero di rivolgersi all’Arma, denunciando anche di essere stati vittime di intimidazioni pesanti e ricostruendo anche episodi di furto, in seno alla banda.

Resta il problema principale, già emerso nella passata udienza. Il procedimento in corso è a carico di 27 persone ma molte hanno scelto il rito abbreviato e le dichiarazioni «congelate» in incidente probatorio – secondo quanto stabilito dal presidente – dovrebbero essere valide solo nei confronti degli imputati che hanno optato per il rito ordinario. Si torna in aula giovedì per sentire la compagna.

Tutto nasce dagli spari per far desistere il proprietario dal pretendere i soldi dell’affitto del ristorante ‘Simposio’ a Ponte Felcino nel febbraio del 2014. Stesso modus operandi ad un panificio di Ponte Valleceppi. Nei guai finì anche Antonio Procopio, cugino di Gregorio. A delineare il quadro dell’accaduto sono i due supertestimoni, a loro volta minacciati dallo stesso ambiente criminale in cui sono maturate estorsioni e traffico di droga. «Sono state proprio le minacce rivolte nei confronti di mio figlio, oltre alla paura per la mia incolumità che già da tempo avevo, a farmi prendere la decisione di denunciare tutto...» raccontò la donna al Ros. «Ho visto fucili tipo caccia, una mitraglietta, centinaia di proiettili e... due pistole, una argento e una nera».

Dopo la donna testimonierà anche il padre, a sua volta a conoscenza di alcuni episodi. L’indagine è diretta dal pm Gemma Miliani.

Eri.P.