Perugia, 23 aprile 2014 - ''Ho avuto fiducia nello Stato, percorso tutti i gradi di giudizio. Il risultato? un pugno di mosche. Anzi, da ultimo, la Cassazione mi ha condannato a pagare le spese della causa intentata per danno morale'' racconta all'ANSA Giuseppetti. Il suo difensore, l'avv. Stefano Goretti, del foro di Perugia, ricapitola tutti i passaggi di una vicenda molto italiana nella richiesta di risarcimento a carico del Governo italiano.
L'intreccio di raccomandazioni, falsi, e burocrazia viene alla luce nel dicembre del 1994, quando Nicoletta Giuseppetti apprende da un quotidiano locale che il dottor Luciano Franco Fabi, primo classificato nel concorso bandito nel 1990 dalla Usl di Camerino, era stato allontanato dal posto di lavoro perche' non aveva ne' laurea ne' abilitazione all'esercizio professionale.

Agli atti del processo penale a carico del falso medico figura una relazione dei carabinieri di Pg della procura di Camerino secondo cui l'uomo sarebbe entrato in possesso dei quiz della prova scritta d'esame la sera prima del
concorso, mentre negli anni precedenti aveva svolto sei sostituzioni come medico generale presentando certificati di laurea contraffatti: documenti in cui risultava di volta in volta laureato in Medicina e Chirurgia a Roma, o ad Ancona, o a Perugia. Giuseppetti accusa la Usl di Camerino, l'Ordine dei Medici di Ascoli Piceno, al quale Fabi era iscritto, la Regione Marche, di aver ''coperto o comunque sottovalutato la gravita' dei fatti''. L'avvocato punta il dito anche contro il Consiglio di Stato, che ''ignorando tutti i dati fattuali allegati al processo, ha svolto un ruolo di 'giurisdizione domestica' della P. A. a scapito del privato cittadino''. Dopo la decadenza di Fabi, la Usl assunse infatti il secondo, il terzo e il quarto classificato, ma non la Giuseppetti, accampando ''il principio dell'inutilizzabilita' della graduatoria per decorso del termine annuale, e il diritto alla discrezionalita'''. Come dire, prima la
struttura sanitaria viola la legalita' facendo di tutto per assumere un finto medico, poi ''si erge a paladina della legalita' stessa'', confortata da Tar e CdS.

Le speranze che Strasburgo accolga l'appello dell'endocrinologa non sono molte, ma l'avv. Goretti punta su un combinato di norme: ''la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, la liberta' di esplicazione della propria vita, anche nell'ambito lavorativo, il diritto a non subire discriminazioni o abusi di diritto, il diritto ad un equo processo, e ad essere giudicato da un giudice imparziale e non 'domestico'''. ''Una vicenda allucinante - chiosa Giuseppetti -, senza contare che nessuno ha indagato sugli effetti di visite, terapie e diagnosi prestate abusivamente dal mio falso collega nei quattro anni trascorsi in corsia''.