di LUCA VAGNETTI

Perugia, 26 febbraio 2014 - «THE FINAL countdown». Così Andrea Zampi aveva intitolato il suo memoriale. Centouno pagine scritte al computer nei mesi precedenti alla tragedia del Broletto e ritrovate solo dopo la ‘strage’. Un racconto allucinato e allucinante.
Si tratta di un fascicolo, redatto in due copie, in cui l’uomo sfoga tutta la sua amarezza, rivela tutta la sua disperazione, riversa tutta la sua sofferenza. E anticipa ciò che poi effettivamente farà la mattina del 6 marzo 2013: «Alcuni della Provincia e della Regione — scrive Zampi in uno dei primi passi — abbassano lo sguardo quando mi incontrano. La coscienza parla, dopo che mi hanno massacrato, non è sufficiente, ora arriva la morte».

LE SUE intenzioni sono chiare e vengono esplicitate in più di uno stralcio: «Ora sono malato, soffro tantissimo, e quindi ora pagate l’errore fatto. Voi avete annientato la mia vita, io anniento la vostra». Zampi scrive chiaramente di una «irruzione a mano armata nell’Istituzione pubblica Regione Umbria» e ammette: «Mi dispiace non entrare in Provincia a terminare chi di dovere, perché sono loro che hanno iniziato il tutto». Il «Final countdown» di Andrea Zampi terminerà in un bagno di sangue: «Io sono avvelenato contro la massoneria, come la politica locale mafiosa, e ho dei buoni motivi, motivi di morte».
 

MISTICISMO e rabbia, la sensazione di sentirsi finito, la malattia. Tutto si mescola nel memoriale, di cui esistono solo due copie: una venne lasciata dall’omicida nella stanza all’interno della quale furono uccise Margherita Peccati e Daniela Crispolti, l’altra fu ritrovata dentro la camera del giovane imprenditore al momento dell’ispezione della polizia nelle fasi successive alla tragedia. «Era indirizzato alla stampa — sottolinea il padre Giancarlo —, mio figlio voleva che diventasse di pubblico dominio». Nella follia di Zampi l’intento di uccidere è chiara: l’uomo manifesta «l’impossibilità a elargire Misericordia a coloro che mi hanno massacrato, in quanto nessuno, nonostante informati delle mie condizioni di salute, ha avuto il pensiero e l’umiltà di comunicarmi formalmente il dispiacere e il dolore, quindi riconoscermi il peccato elargito. Il calice della Misericordia è pieno di sangue. Lo sanno (i rappresentanti delle istituzioni, ndr) che l’hanno fatta grossa, ma mi avete sottovalutato. Ora arrivano i conti. E non ve lo meritate? Hai voglia se ve lo meritate». E ancora, sempre in modo molto diretto: «La mia condizione esistenziale porta al desiderio di una sola via d’uscita, la morte, onde evitare a vita sofferenze non sopportabili».
 

ANDREA ZAMPI non ha sparato a caso, come in un primo tempo si pensava. Il suo obiettivo era colpire Margherita Peccati, che cita più volte nel memoriale. Uno stralcio in particolare è agghiacciante e tristemente premonitore: «Mi impongo per raggiungere la mia massima perfezione a terminare solo la Peccati, ma non è sicuro. Quando dico solo la Peccati, dentro di me provo molta rabbia e dolore, anche nella mente cerco di contenere tutto, mi faccio del male nel sopprimere, sarebbe meglio scaricare e quindi starei bene a terminare ulteriori soggetti, perché sono stato colpito da tanti esseri. Dio vuole la terminazione di tutti i responsabili. Comunque devo dare il massimo senza esagerare. Sentite, Peccati, un cognome, un segno, deve prendersi lei tutti i peccati commessi contro me, forse è un indirizzo espresso da Dio, metaforico forse non a caso. Darò il tempo alla Peccati di dire un Padre nostro e un atto di dolore, se vorrà, con la pistola nascosta e puntata, come loro hanno fatto a me. Era il loro fine, uccidermi in tutti i modi».
 

L’EQUILIBRIO psichico di Zampi è visibilmente precario, i suoi sono deliri: «Attenzione, alcuni dipendenti si possono sentire dichiarati cadaveri ma saranno no graziati, miracolati, ripeto miracolati, in quanto eravate morti per certo ma ora vivete, forse. Tuttavia per guadagnare il miracolo verranno alcuni visitati e di fronte a me con la pistola puntata dovranno invocare il Signore pronunciando l’invocazione: ‘Signore, abbi pietà di me, secondo la tua Misericordia’. Tutti loro non hanno avuto Misericordia di me, tuttavia il Signore è misericordioso e la concederà, sparandogli un colpo mortale in testa, deviato al muro, ma forse no».
 

LE ULTIME pagine, scritte poco prima che la tragedia del Broletto arrivasse a compimento, sono altrettanto crude: «Nell’ora dell’estremo atto supremo sacrificale nel giorno della santificazione e del martirio finale, come in ricordo dei miei aguzzini, io sia prudente, forte, temperante e giusto, nel procedere e tenere ferma la mia mano». Nel consumare l’ultimo atto della sua vita Andrea Zampi si sente quasi un angelo armato: «Dio — scrive nell’ultimo passo —, spero di aver fatto la tua volontà. Forse non uccideranno più il prossimo come me. Oggi vedo il cielo e il tuo mistero. Un bel giorno per morire. Padre, nelle tue mani affido il mio spirito. A testa alta. Tutto è compiuto. Amen. Portami in cielo». Il resto purtroppo è storia, sangue, spari, disperazione, paura. E vittime innocenti.