Perugia, 20 ottobre 2013 - Tremilasettecentodischi (di cui 25.000 in vinile) tutti di grandi opere liriche. E’ l’eredità che il professor Giorgio Molini, grande sportivo (è stato storico preparatore atletico del Grifo nel Perugia dei Miracoli con Ilario Castagner) ma anche grande appassionato e autentico intenditore del Bel Canto, ha lasciato ai figli Mario e Umberto. «Una passione — racconta Mario, professore di ginnastica, preparatore atletico e co-titolare della palestra Energia di Santa Lucia — che condivideva con i suo amici tra i quali anche tenori, che spesso venivano a casa nostra ad ascoltarli. Un ’patrimonio’ immenso che sinceramente né io né mio fratello siamo in grado di valutare e non nascondo che ci piacerebbe che qualcuno ci aiutasse a farlo. Tra quei dischi c’è un pezzo di vita del mio papà...»
Cosa ricorda di lui?
«Io l’ho sempre definito un genio per la sua capacità di intuire prima degli altri un vero campione. Del suo lavoro poi era davvero appassionato. Riusciva a ‘curare’ varie patologie con una percentuale di successi altissima e lo faceva solo per il piacere di farlo. Non si faceva mai a pagare. Caratteristica che lo faceva amare dalla gente. O meglio amato dal popolo e odiato dai potenti».
Perchè? «Si opponeva alla regola del ‘mi manda’ e si batteva per le cose che non riteneva giuste. Anche da consigliere comunale si dimise dopo due anni perchè secondo lui le cose non andavano. Aveva un pregio-difetto: diceva sempre quello che pensava, e questo gli attirava antipatie».
Torniamo ai dischi.
«Una mega collezione messa insieme negli ultimi cinquant’anni della sua vita. Una raccolta fortemente voluta al punto che la ricerca, cominciata a livello nazionale, si era poi estesa in Europa e anche oltre oceano. In un’epoca in cui internet non esisteva. Mio padre utilizzava contatti, viaggi, amicizie, insomma tutti i canali possibili per effettuare i suoi acquisti negli angoli più disparati del mondo».
L’opera che ha amava di più?
«La Traviata. E comunque gli piacevano le voci migliori. Era realmente un intenditore, al punto da venire chiamato a dire la sua nelle tv che se ne occupavano».
La cantante preferita?
«Sicuramente la Callas, della quale ha comprato numerosissimi dischi».
Andava a teatro?
«No, un po’ per gli impegni di lavoro e un po’ per il suo carattere schivo, rifuggiva la mondanità. Preferiva ascoltare la musica in casa, nel suo studio. Ogni momento libero, fosse di mattina, di pomeriggio o di sera si sedeva in poltrona e si beava delle note e delle voci anche grazie all’ottimo impianto che si era regalato. Poi è arrivata l’epoca delle cuffie e a quel punto l’immersione nella lirica diventava totale».
Oltre ai dischi, lei e suo fratello avete ereditato anche la stessa passione per il Bel Canto?
«No. Forse per reazione. Quando eravamo troppo piccoli papà provò a imporci l’ascolto di un genere che per noi adolescenti e appassionati di rock e pop era davvero difficile. Dopo la sua scomparsa ho provato a capire, per l’enorme affetto che ancora oggi mi lega a lui. Ho apprezzato, ma non sono in grado di farlo come un intenditore».
Dove si trova questa enorme quantità di dischi?
«Da quando mio padre è scomparso il 4 marzo del 2008, tutto è rimasto sattamente così come era. Si trovano negli stessi posti in cui li aveva sistemati lui. Il criterio seguito? Una divisione per opere e cantanti, in maniera quasi maniacale. In modo che chi avesse dovuto cercare o mettere mano dopo di lui avrebbe facilmente trovato tutto. Nel suo computer ho scoperto un apposito file. L’ho stampato: è un elenco di 84 pagine di opere. Alcuni sono dischi molto rari».
Un patrimonio che andrebbe valorizzato.
«Mi piacerebbe sapere da un esperto che cosa significa tutto questo. Sono sicuro che mio padre lo avrebbe voluto...».
.
Donatella Miliani