Terni, 23 maggio 2013 - TERNI – “Un teatro è per sempre”. Può essere sintetizzata così la filosofia del maestro Gabriele Gandini che sottende l’intervista rilascia a La Nazione sul presente e sul futuro del Teatro Verdi di Terni, tema in questi giorni al centro di un dibattito cittadino innescato dal progetto di recupero presentato dal Comune che è alle prese, però, con la reperibilità di fondi che scarseggiano. 

Il maestro Gandini è uno dei musicisti, compositori e direttori di teatro più prestigiosi d’Italia e tra le eccellenze d’Europa. Sintetizzare il suo lungo e prestigioso curriculum è impossibile, tra concerti con le orchestre nazionali di Washington o con la filarmonica di Budapest e coproduzioni artistiche internazionali con La Fenice di Venezia, il Comunale di Ferrara, il teatro Real di Madrid o l’Opera Royal di Liegi e molte altre cose di spessore. Per tutte una: il maestro Gabriele Gandini è il direttore artistico della Teatri Spa, la società strumentale della fondazione bancaria Cassamarca di Treviso che gestisce il teatro comunale trevigiano dopo averlo sapientemente restaurato a fine anni Novanta con un investimento di oltre 40 miliardi di vecchie lire.

Maestro, la città di Terni vorrebbe discutere con il Comune la soluzione migliore per restaurare il teatro cittadino “Giuseppe Verdi” al fine di riportarlo agli antichi fasti, ma al contempo renderlo funzionale e gestibile anche sotto il profilo economico. Qualche consiglio?

“Un teatro storico ha un’importanza che va ben al di là della sua funzionalità e quindi bisogna in primo luogo capire se si ha la volontà di soppesare questa importanza. Subito dopo si deve capire cosa ci si vuol fare con il teatro, quale tipo di rappresentazioni”.

Il pronao del Verdi è già recuperato. Si tratta di vedere il resto. Non ci sono vincoli. Se ci fosse la possibilità economica di demolire l’esistente per rifare ex novo la struttura portante, come ci si dovrebbe muovere?

“La scelta architettonica del teatro di tradizione è sempre valida, anche se oggi i palchetti non hanno più la funziona sociale dell’Ottocento. Ricordo che anche per la ricostruzione de La Fenice ci fu un intenso dibattito tra palchetti e balconate e alla fine si è scelto di rifare il teatro come era, dove era. Direi che questo aspetto, alla fine, è puramente soggettivo. Cosa diversa, invece, per quel concerne l’aspetto tecnico”.

Ovvero?

“Se si vogliono portare al teatro tutti i generi possibili, allora, sia che si opti per un teatro di produzione, sia si scelga di fare un teatro di ospitalità occorre che tutti gli elementi tecnici siano adeguatamente dimensionati. Il boccascena deve avere la giusta profondità. Gli undici metri che aveva prima il verdi sono pochi, bisognerebbe arrivare a 12 o a 13. Parimenti per la sua larghezza: 13 metri potrebbero anche andare. La buca per gli orchestrali dovrebbe essere dimensionata almeno per 80 elementi, e così via…”

E riguardo alla capienza in sala?

“Quando si fa un teatro in grado di produrre o ospitare qualsiasi genere di spettacolo, sarebbe un grave errore pensare a 200 posti in meno anziché a 200 posti in più”.

Mille posti per il teatro Verdi di Terni, secondo lei, sarebbero troppi?

“Ripeto: dipende dalla scelta che sta a monte di qualsiasi discorso. Cosa ci si vuol fare del teatro? Se si vuol fare un teatro vero, pronto ad accogliere qualsiasi genere di spettacolo, anche di alto livello, per una città come Terni mille posti sarebbero l’ideale”.

C’è chi sostiene che poi non si riempiono, e diverrebbe anti-economico. A compagnie importanti potrebbe interessare una “piazza” come Terni?

“Terni ha una posizione baricentrica sia per le compagnie italiane impegnate in tournée nazionali, sia per compagnie straniere impegnate in Italia. Trovare teatri attrezzati di tutto punto e allo stesso tempo capienti non è sempre cosa molto semplice. E' chiaro, quindi, che il nuovo Teatro Verdi se fatto in una certa maniera potrebbe rappresentare una valida opportunità di scelta, soprattuto in considerazione della sua vicinanza con il Lazio e con Roma in particolare".