Perugia, 3 ottobre 2012 - PER TRE ORE ha confermato tutte le accuse con lucido puntiglio: le violenze sessuali consumate nella cella numero 11 del carcere di Capanne dove fu detenuta dal dicembre 2006 al gennaio 2007 e ha fatto, più volte, il nome del suo presunto carceriere-aguzzino, l’ispettore della polizia penitenziaria Raffaele Argirò che a pochi metri assisteva, da indagato, a quel racconto choc. Si è svolto così, ieri pomeriggio in tribunale, l’incidente probatorio davanti al gip Luca Semeraro per ‘congelare’ le dichiarazioni della vigilessa di Milano che dopo cinque anni ha denunciato gli stupri che sarebbero avvenuti nel penitenziario. Lui, Argirò per anni vicecomandante di Reparto si dichiara innocente. Per lui parla il difensore.

 

«DALL’ESAME è emersa l’inattendibilità palese della dichiarante — spiega l’avvocato Paccoi —, anche per la sua personalità. E’ emerso un suo interesse dopo un procedimento negativo per ingiusta detenzione, ora pendente in Cassazione. La donna si è quindi recata da uno psicologo per farsi quantificare il danno della carcerazione. Evidentemente la storia della violenza, io ritengo, è maturata in quell’ambito, nell’ambito della volontà di aver risarcito un danno consistente». 

 

L’INCHIESTA scatta nell’ottobre 2011 in seguito alla denuncia della vigilessa. Gli agenti, su delega del pm Massimo Casucci, sentono decine di persone informate sui fatti. Tra questi anche il compagno dell’epoca della vigilessa con il quale venne inizialmente arrestata per le rapina ai camionisti ma poi assolta. «(Quando uscì dal carcere ndr) mi raccontò cosa le era accaduto con il vicecomandante... dopo tale colloquio collegai, in effetti, il contenuto di alcune lettere che mi aveva spedito mentro ero rinchiuso a Orvieto. Mi faceva presente la figura del vicecomandante che aveva con lei un atteggiamento di benevolenza e gentilezza che, già da quel tempo, mi apparve un po’ sopra le righe oltre a darmi fastidio personalmente in considerazione del fatto che (omissis) era una donna particolarmente avvenente e soprattutto perché la nostra detenzione era stata preceduta da notizie date con particolare enfasi e rilievo dai media sulle nostre abitudini sessuali che sconfinavano dall’ordinario». Gli atti tornano ora in procura. Il pm dovrà decidere se chiedere il rinvio a giudizio dell’ispettore.
 

Eri.P. e E.B.