Perugia, 20 maggio 2012 - Monsignor Vergari, originario di Sigillo, 76 anni il prossimo 27 settembre, è indagato per concorso in sequestro di persona nell’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. L’iscrizione è legata ad una perquisizione presso il suo domicilio nel corso della quale è stato sequestrato un computer. Dopo aver prestato servizio nella diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, dove è stato anche canonico della concattedrale dell’Assunzione di Maria a Nocera, don Vergari ha svolto la sua missione sacerdotale per molti anni a Roma, dove è diventato rettore di Sant’Apollinare mantenendo l’incarico fino al 1991. «Sono assolutamente tranquillo, non ho nulla da nascondere», commenta. E anche l’Umbria, adesso, si interroga sul passato del sacerdote.

A SIGILLO, dov’è nato, non ci torna spesso. Ma possiede ancora quella che era la residenza dei suoi genitori, originari di Sant’Andrea del Calcinaro, e rimane molto legato alla diocesi. Monsignor Pietro Vergari, indagato dalla Procura di Roma per concorso nel sequestro di Emanuela Orlandi, viene difeso a spada tratta da chi lo ha conosciuto bene nella ‘sua’ terra. Come don Angelo Fanucci, presidente della comunità di Capodarco dell’Umbria: «E’ innocente, sono orgoglioso della sua amicizia». Ha infatti una robusta stima del sacerdote coinvolto nella vicenda legata alla sepoltura nella basilica romana di Sant’Apollinare di «Renatino», esponente della famigerata banda della Magliana. «Con monsignor Vergari — ammette don Angelo — ho un’amicizia che dura dalla metà degli anni cinquanta; abbiamo frequentato insieme il seminario di Assisi, ci siamo persi di vista quando io ho proseguito gli studi in quello Romano. Abbiamo celebrato la prima messa tutti e due nel 1961, anche se in mesi diversi». L’amicizia è andata avanti e si è consolidata pure se le strade si sono divise: «Dopo la consacrazione sacerdotale — prosegue don Angelo — io sono ritornato a Gubbio, mentre don Pietro si è trasferito a Roma dove ha trovato lavoro, come minutante, nella Segnatura apostolica. Inizio di una brillante carriera che lo ha portato ad essere Rettore della Basilica di Sant’Apollinare, continuando ad avere rapporti di grande cordialità con noi tutti».

Cosa ne pensa dell’iscrizione al registro degli indagati?
«Da quello che io so — si infervora don Angelo — don Pietro non ha responsabilità, stando alle informazioni in mio possesso. Un giorno gli si sono presentati alcune persone mettendo loro a disposizione una grossa offerta per finanziare il restauro della Basilica. Chiedendo però di potervi seppellire ‘Renatino’, in maniera da perpetuare e onorare il ricordo del morto, Vergari ha girato la richiesta-proposta al Cardinale vicario Poletti, dal quale è arrivata l’autorizzazione a procedere. Poi tutto si è scaricato su di lui».
 

Come sono rimasti i rapporti con il monsignore?
«Ottimi. E’ molto legato alla nostra diocesi, tanto che gli ho regalato la storia scritta in merito da monsignor Bottaccioli. E’ rimasto legato a tutti coloro che hanno celebrato la prima messa nel 1961 e lo scorso anno l’ho invitato al cinquantesimo della mia consacrazione. Personalmente sono felice e orgoglioso di essere suo amico».
Giampiero Bedini