Orvieto, 5 gennaio 2012 - NON È UNA cronaca uscita dalla penna di Jack London, ma l’anacronistico e sbalorditivo resoconto di una disavventura vissuta da una famiglia di San Venanzo, precipitata in una paura primordiale come può essere quella di essere minacciati da un branco di lupi. Una famiglia che vive in un casolare collocato nella zona di ripopolamento e cattura di San Vito al Monte sulle pendici dell’ancora selvaggio monte Peglia, in un crinale a cavalcioni tra le provincie di Terni e Perugia, si è dovuta barricare in casa per paura di una decina di predatori che, al calare del sole, hanno cominciato ad ululare minacciosamente intorno al casolare da alcuni punti diversi del bosco come sono soliti fare i lupi, la cui attività di caccia avviene secondo dinamiche di gruppo ben note e all’insegna di quella che gli etologi definiscono «collaborazione».

 

Gli abitanti del casolare hanno chiesto l’intervento del corpo forestale il cui presidio di San Venanzo è conosciuto soprattutto per l’intensa attività che svolge contro i bracconieri. Proprio l’attività venatoria potrebbe essere una causa di questo inedito pericolo che sembra riportato all’attualità da un oscuro e favolistico passato quando il mito del lupo era una sorta di totem per molte comunità che vi vedevano il simbolo non solo del pericolo, ma anche del coraggio.

 


«La gestione delle caccia in maniera intensiva potrebbe aver privato i lupi del Peglia delle loro prede, costringendoli a spingersi sempre di più a ridosso degli abitati» spiega la Forestale, ma l’ispettore dello stesso Corpo, Fernando Moriconi, ritiene che la presenza sempre più massiccia dei lupi sia in maniera incontrovertibile da mettere in relazione all’abbattimento dei cinghiali avviato dall’ente provinciale attraverso la figura dei cacciatori di selezione. «I cinghiali stanno scomparendo dal monte Peglia — spiega —; negli ultimi tempi ce ne sono sempre di meno mentre continua a crescere il numero dei lupi che mangiano anche i cuccioli di cinghiali». L’intervento dell’uomo, finalizzato a ridurre il problema enorme dei danneggiamenti prodotti dai cinghiali alle coltivazioni, starebbe insomma producendo un cambiamento profondo nella fauna della zona montana e premontana, con una sostituzioni lenta e progressiva di una specie con un’altra.