Perugia, 9 aprile 2010 - "E’ il giorno della parte civile - lei è l’unica dei familiari a non essere stata inquisita - all’udienza preliminare per ventuno persone accusate, a vario titolo, dei ‘depistaggi’ sulla morte del brillante medico. Da quell’8 febbraio del 2002 Spagnoli non ha mai mancato le tappe cruciali dell’inchiesta e anche ieri era in aula, davanti al giudice Paolo Micheli, accanto al suo legale Francesco Crisi.

 

Per capire il suo animo, riservato, occorre rileggere quel suo primo verbale davanti agli inquirenti quando si presentò spontaneamente: "Nel momento in cui Francesco è scomparso, io ho cessato di rappresentare qualcosa per la famiglia Narducci e sono diventata a loro un’estranea e scomoda mentre Francesco è diventato qualcuno che apparteneva solo a loro".

 

"La partecipazione di Francesca Spagnoli al procedimento - ha voluto premettere il suo difensore - non è assolutamente un fatto personale della famiglia Narducci ma esclusivamente una posizione di coerenza. Ha sempre e solo chiesto dei fatti riguardanti la scomparsa del marito".

 

Conferma, la parte civile, la ricostruzione del pm Giuliano Mignini: ipotesi omicidiaria e doppio cadavere anche se ‘sfuma’ sul suo possibile coinvolgimento nei delitti del mostro di cui non sarebbe stato assolutamente l’autore. Il legale che l’ha sempre assistita parla per quattro ore e spiega un passaggio chiave dell’inchiesta e cioè che l’associazione per delinquere costituita tra parenti e personaggi delle istituzioni per occultare la verità attorno alla morte del medico "è rimasta in piedi almeno fino al 2004", quando, stando alle intercettazioni lette in aula, i partecipi si contattarono (durante le indagini) "per adottare una linea comune ed evitare che quel segreto custodito per molti anni venisse disvelato". Sempre ieri ha parlato l’avvocato Antonio Coaccioli che assiste il Corriere della sera. Si torna in aula oggi con i difensori degli imputati.