Gianni Amelio star a Spoleto

Il grande regista racconta l'omaggio tra libro e cinema

Gianni Amelio

Gianni Amelio

Spoleto, 13 febbraio 2017 - «Io e l'Umbria? Ho un legame incredibile, perché qui ho girato la prima sequenza del mio primo lungometraggio, ‘La città del sole’. Una scena a Orvieto, nel Pozzo di San Patrizio, mi dava la sensazione di una prigione senza fine. Avevo 25 anni, quello è stato il mio battesimo al cinema». E' il ricordo appassionato di Gianni Amelio, oggi uno dei maggiori registi italiani, Leone d’oro a Venezia, candidato all’Oscar , vincitore di innumerevoli premi con i suoi grandi film. E con entusiasmo mercoledì 15 sarà a Spoleto, in una giornata speciale, ideata da Comune e Lirico Sperimentale «Belli». Cosa farà per l’occasione? «Presenterò il mio primo romanzo, ‘Politeama’, alle 16 alla Biblioteca Comunale. Poi alle 18 alla Sala Frau si vedrà il mio documentario ‘Felice chi è diverso’ insieme a sequenze inedite del mio nuovo film, ‘La tenerezza’: è in uscita, spero di presentarlo in città. E’ un’idea del direttore del Lirico, Claudio Lepore, ci saranno anche due intermezzi musicali con i cantanti del ‘Belli’». Giornata decisamente ricca.. Ma a cosa tiene di più? «In un’ideale classifica del cuore metto il romanzo. Perché segna il mio debutto letterario e quando si realizza un desiderio inseguito da tempo c’è sempre qualcosa di speciale. Come regista sono più sicuro, qui mi sento ringiovanito, con tutte le ansie di un esordio». Ci racconta il romanzo? «Premetto che non ha nulla a che fare con il cinema tranne il titolo, ‘Politeama’: tutte le città di provincia avevano un teatro o un cinema con questo nome, era il luogo degli eventi». La storia? «E’ un romanzo di formazione, racconto 10 anni di vita di un bambino che diventa uomo, nella metà degli anni ’50, inseguo il suo sogno di diventare cantante e la capacità di trasformare una diversità - la sua voce femminile - in un punto di forza. Finché non avrà una figlia...». A chi si è ispirato? «E’ una storia d’altri tempi, si ispira ai romanzi del ’700 alla Dickens ma con un linguaggio molto veloce, fatto di immagini, da leggere tutto d’uno fiato». C’è un legame con il cinema? «Questo romanzo non diventerà mai un film a meno che non lo faccia qualcun altro. Però, tra i miei lavori, penso che assomigli a ‘Il ladro dei bambini’. E comunque ho già scritto un secondo romanzo, ci ho preso gusto, mi piace la sincerità, il mettersi alla prova a livello umano» E’ vero che c’è un progetto internazionale che sta elaborando con il Lirico ‘Belli’? «Sì, abbiamo alcune idee creative ma aspettiamo che altri ci diano la possibilità di metterle in pratica. Qualsiasi esperienza culturale oggi sembra inutile, invece è nutrimento, è parte vitale dell’esistenza. Sì, è un progetto ambizioso e ce la faremo».