Ubaldo Rogari, premonitore lungimirante

Il commento

Pierandrea Vanni

Pierandrea Vanni

Firenze, 9 ottobre 2015 - Ubaldo Rogari era un liberale nel senso più autentico del termine, un docente universitaro, e quindi un tecnico prestato alla politica in base alle sue competenze, non certo agli interessi personali. Verrebbe da dire un uomo di altri tempi, quando competenza, coerenza e rigore morale erano ingredienti quasi indispensabili.

La sua scomparsa ha fatto ricordare un episodio di molti anni fa. Il Parlamento, dopo un lungo sonno, si era deciso ad attuare la riforma regionale e Il Pli, il partito di Rogari, aveva indetto in tutta Italia manifestazioni intitolate: «La ragione contro le regioni». Al cinema Edison toccò proprio a Ubaldo Rogari portare le ragioni dei liberali fiorentini. Avremo tanti parlamentini, spiegò, che verranno inevitabilmente in contrasto con il parlamento nazionale, tanti piccoli staterelli e ognuno si muoverà per conto proprio in nome di egoismi e di interessi locali. E paventò con lucidità i rischi che avrebbe potuto correre uno Stato già poco unitario e con grandi squilibri al suo interno.

Una sorte di Cassandra nostalgica del Risorgimento e di Cavour? Basta ricordare quelle parole e paragonarle con la infelice prova che hanno dato molti parlamentini regionali e con la incapacità di tante regioni di gestire decentemente i rispettivi servizi sanitari, spezzettati, burocratizzati e politicizzati più di quanto accadesse prima della loro nascita.

In consiglio regionale Ubaldo Rogari fu spesso una voce solitaria, pacata, mai troppo polemica, ma ferma sui princìpi. Da economista intuiva a che cosa avrebbe portato la rana-regione, dedita soprattutto a gonfiarsi. Inutile aggiungere che non fu ascoltato.