Firenze, 2 marzo 2013 - E’ VERO: la persona che troverà la famigerata Beretta calibro 22 che ha firmato otto duplici omicidi attribuiti al mostro di Firenze, contribuirà in maniera determinante a risolvere uno dei misteri criminali più oscuri della storia d’Italia. E’ vero anche che il giallo dell’introvabile pistola intriga tutti. Una misteriosa calibro 22, per l’appunto Beretta, compare adesso all’interno degli uffici dei carabinieri presso la procura di Potenza. Una pistola ‘infame’ con i numeri di punzonatura cancellati maldestramente, un’arma il cui rinvenimento non è stato mai denunciato. Perché? E la storia si marca di giallo. Qualcuno dei carabinieri la usava come arma di scorta, come arma ‘sporca’ per incastrare qualcuno? In questo caso perché una calibro 22? Una pistola ormai desueta tra i criminali, di calibro troppo piccolo: per poche centinaia di euro si trovano calibro 9 o delle 38 di tutto rispetto, provenienti dai paesi dell’Est e mai rintracciabili. Non ha senso rischiare tanto per un’arma da collezione, da brividi del passato.

A meno che quell’arma, con i brividi di morte del passato non abbia qualcosa a che vedere. E in quale posto poteva essere conservata meglio che in un armadietto della polizia giudiziaria?
 

GLI INVESTIGATORI di Potenza peraltro sono già abbastanza nel mirino per la scomparsa e la morte di Elisa Claps datata 12 settembre 1993. Non hanno capito, non hanno saputo...non hanno voluto. Insomma si può dire tutto, non certo che abbiano brillato per efficienza. Dolo o colpa, lo dirà il tempo. Una pistola passata di mano. Neppure i giudici di Firenze, che pure questa vicenda la conoscono bene, sono riusciti ad attribuire a una stessa mano, a un carnefice o banda di carnefici, tutti gli omicidi, da quello di Barbara Locci ed Antonino Lo Bianco a Castelletti di Signa nel 1968 a quello dei francesi Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili a San Casciano nel 1985. E quella maledetta pistola è stata segnalata più volte in mezza Italia. Qualcuno la voleva anche in Francia in mano a Salvatore Vinci.

Certo è che un canale di ‘comunicazione’ tra i sardi e la banda di Pacciani è esistito. Tra manicomi criminali, tra cui quello di Aversa e quello di Montelupo, tra le carceri toscane, oltre a Sollicciano anche Arezzo dove fu rinchiuso Francesco Vinci e poi anche Enzo Spalletti e l’istituto penitenziaio Bad e’ Carros dove lo stesso Pacciani trascorse parte della sua detenzione per l’omicidio di Severino Bonini, l’amante della sua fidanzata, ucciso a coltellate e calci in testa a Tassinaia nel 1951. E poi di nuovo Francesco Vinci, fratello di Salvatore, ucciso a Chianni assieme al suo servo pastore nell’agosto del 1993. che dalla Sardegna si trasferì a Signa e divenne vicino di casa di Mario Vanni. Le occasioni fanno l’uomo assassino.