di Antonio Fulvi

Livorno 15 gennaio 2013 -  IL GOVERNATORE della Toscana insiste, il management di Costa temporeggia, il ministro dell’Ambiente sollecita e quasi minaccia: ma comunque si sono ancora allungati i tempi su dove andrà il relitto della Costa Concordia una volta rimessa a galla.

 

Si parla, come noto, di una scelta entro febbraio. Con due porti in alternativa: Palermo e Piombino. Palermo è in vantaggio per le strutture - ha un bacino di carenaggio già pronto- ed è un sito di Fincantieri, che ha costruito la nave e alla quale Titan/Micoperi si sta appoggiando. Ma Piombino è a 30 miglia dal Giglio contro gli oltre 300 di Palermo: il che vuol dire una giornata di navigazione del lento convoglio con il relitto sempre a rischio di sfasciarsi e affondare, contro oltre dieci giorni. Così a Piombino ci sperano. E ci sperano tanto da aver commissionato un progetto alla Modimar presieduta dall’ingegner Marco Tartaglini - società romana specializzata in studi idraulici e portuali - che è stato presentato in questi giorni al ministero dell’Ambiente, alla Regione Toscana e alla Costa. Costo dell’adeguamento dell’avamporto di Piombino all’operazione Concordia: centocinquanta milioni, poco meno della metà di quanto costerà la rimessa in galleggiamento del relitto. Tempo di realizzazione: dieci mesi, lavorando 24 ore su 24. Ovvio che se il sì arrivasse a febbraio, il sito per accogliere a Piombino il relitto non potrebbe essere pronto prima della fine dell’anno: che è però la data, molto ufficiosa, che Micoperi e Titan avrebbero dato per il trasferimento, dopo l’avvio del rigalleggiamento a settembre/ottobre.
 

CENTOCINQUANTA milioni sono una bella cifra ma consentirebbero un bacino di carenaggio provvisorio di oltre 300 metri di lunghezza per almeno 50 di larghezza, una serie di piazzali per 85 mila metri quadrati da ricavare dal mare (a nord del bacino provvisorio), il collegamento a terra attraverso la diga della Chiusa perchè i vari mezzi ruotati della demolizione possano trasportare altrove i brandelli del relitto. Il progetto Modimar, firmato dal professor Alberto Noli, ordinario di costruzioni marittime alla Sapienza di Roma, prevede l’uso di palancole affondate a 35 metri per creare una vera e propria penisola orientata da nord a sud, che costeggerebbe le vasche di colmata già nel piano regolatore del porto. Per accedere al bacino di demolizione, è previsto anche di dragare un canale a 20 metri di profondità con la rimozione di circa due milioni di metri cubi di fanghi, che andrebbero in parte a riempire i nuovi piazzali a nord del bacino, in parte a “contenere” le sponde del canale, in parte infine nelle vasche di colmata. Tutto è stato studiato perchè i lavori non interferiscano con il transito delle navi e del traghetti in porto. Ultima domanda: chi pagherebbe? Metà il ministero di Passera, metà le assicurazioni. Almeno, si spera.