Firenze, 23 maggio 2012 - L’AVREBBERO vista uscire dall’ultima riunione di giunta con le lacrime agli occhi. Troppo stress, troppa responsabilità, troppa pressione per una come lei, un manager di grande spessore ma non un politico di razza? Sta di fatto che Daniela Scaramuccia, dopo aver ricoperto per due anni lo spinoso ruolo di assessore alla sanità della Toscana, ha annunciato le dimissione al suo «capo»: il presidente Enrico Rossi. Che nel giro di qualche giorno (o forse oggi stesso) le annuncerà ufficialmente, comunicando anche il nome del nuovo assessore. Chi? A quanto pare un altro tecnico: circola il nome di Luigi Marroni, direttore generale dell’Asl 10, non lontano dalla scadenza del mandato.


Un fulmine a ciel sereno? Non proprio. Daniela Scaramuccia, figura di grande spessore nell’ambiente sanitario, da tecnico si è spesso trovata a disagio dovendo dare risposte in politichese. Ha dovuto gestire le conseguenze, devastanti per il bilancio regionale, del «buco» da 270 milioni di euro dell’Asl di Massa. Ha sopportato, quasi un anno fa, la novità dell’introduzione del ticket sui farmaci, regolato attraverso la denuncia dei redditi e l’Isee. E’ sempre stata in prima linea, senza mai nascondersi, ogni volta che si sono registrati casi di malasanità: in corsìa o nella gestione dei pazienti e del personale delle varie Asl.


Perché ha deciso di dire basta ora e non dopo l’estate, o a novembre, a metà della legislatura regionale?
Sembra che abbia ricevuto l’offerta per un prestigioso incarico sempre nel settore sanitario, ma al di fuori dell’amministrazione e della politica. Un incarico, si dice, remunerato molto meglio rispetto ai 120 mila euro lordi della Regione. Che, intendiamoci, sono sempre una manna per un comune mortale. Ma il suo curriculum (laurea in ingegneria nucleare al Politecnico di Torino, abbinata a un dottorato di ricerca in Energetica e un passato alla McKinsey&Company, nota società di consulenza strategica e direzionale) ha la capacità di proiettarla in un’altra dimensione lavorativa. Nella quale potrà sfruttare anche la forte esperienza di assessore regionale.
Forte in tutti i sensi. Soprattutto nel confronto con l’apparato politico toscano. In consiglio regionale, certo, dove spesso è sottoposta al fuoco di file delle interrogazioni di Stefano Mugnai (Pdl), Marco Carraresi (Udc) e di Monica Sgherri (Sinistra e Verdi) che pure fa parte della maggioranza.
Ma il confronto-scontro più sofferto è quello con i sindaci che le rimproverano di non aver fatto ripartire le «Società della salute».


Che gli addetti ai lavori conoscono bene perché distributrici di poltrone e, di riflesso, di potere. «Società» che hanno il compito di trasferire sui vari territori una parte delle scelte sulla sanità pubblica. «Società» che non sarebbero mai piaciute al governatore, Enrico Rossi, che mostrava molta insofferenza verso di esse anche nei dieci anni (2000-2010) in cui ha fatto l’assessore sotto la presidenza di Claudio Martini.
Ora le «Sds» sono in stand by. La politica (soprattutto i citati sindaci) sta facendo pressione da mesi perché vengano rilanciate, perché abbiano una nuova definizione giuridica. Ma Rossi nicchia. Non dà il via libera nonostante le sollecitazioni degli amministratori locali e dei segretari di federazione del suo partito, il Pd. Morale? Se la presidenza della giunta è impermeabile, si lascia scivolare addosso proposte e proteste, tutto finisce sulle spalle dell’assessore.
Daniela Scaramuccia gira per la Toscana, incontra la gente, va anche al capezzale dei malati, si preoccupa dei casi più difficili o più complicati, ma non ha le risposte che i sindaci e i loro collaboratori vorrebbero ascoltare. E allora ecco la scelta di smettere, di abbandonare un ruolo che forse non è mai stato il suo. Per tornare a fare soltanto la manager.

Sandro Bennucci
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