Prato, 1 ottobre 2011 - ''Un atto grave e di superficialita' nei confronti della normativa prevista a tutela della fauna selvatica'', questo il commento della Lav, che annuncia azioni legali in relazione all'uccisione di un cervo ferito, finito poi dalla doppietta di un cacciatore, avvenuta in provincia di Prato, nella zona di Luogomano.

Secondo quanto riporta un comunicato dell'associazione, un cittadino, avendo visto il cervo in evidente difficolta', riverso sul ciglio di una strada sterrata, ha chiamato il Corpo Forestale dello Stato. Sul luogo e' pero' sopraggiunta, nel frattempo, una pattuglia della polizia locale con un veterinario che, mantenendosi ad almeno dieci metri di distanza dall'animale, ha diagnosticato una possibile frattura ad una zampa e decretato cosi' l'abbattimento dell'animale. Il cervo e' stato quindi freddato dal fucile di un cacciatore, intervenuto sul posto.

La vicenda e' stata segnalata al centralino della Lav da una persona che ha assistito alla scena. La polizia provinciale, continua il comunicato, ha confermato i fatti con la precisazione che ''l'animale era inavvicinabile''.

''Il fatto accaduto in provincia di Prato rappresenta quanto di peggio si possa immaginare in materia di tutela della fauna selvatica - commenta Massimo Vitturi, responsabile del settore caccia e fauna selvatica della Lav -
Come spesso accade e' prevalso l'approccio venatorio in una materia, la gestione degli animali in difficolta', che con la caccia non ha nulla a che vedere''. Il recupero, la cura e la gestione degli animali selvatici feriti, infatti, sono
assegnati alle Province che provvedono a curare e reimmettere in natura, o a disporne la custodia presso appositi centri in caso di recupero solo parziale, gli animali in difficolta'. Resta da chiedersi, quindi, cosa abbia a che vedere l'intervento del veterinario, che non ha neppure sfiorato il cervo, con il dettato normativo a tutela della fauna, e per quale motivo alla Provincia sia bastata la telefonata di un professionista, che non aveva neanche toccato l'animale, per stabilire la condanna a morte di un essere vivente che avrebbe potuto, forse, essere salvato''.