CAPANNORI (Lucca), 21 maggio 2011 - «AMO il mio lavoro e non voglio avere paura». Dopo un’aggressione subita da uomini a volto coperto, anche la persona più coraggiosa deve confrontarsi con i demoni della psiche. Ieri, il giorno dopo aver affrontato i rapinatori che l’hanno legata e minacciata davanti ad una banca di Capannori, anche Alba (nome di fantasia, ndr), guardia giurata di 42 anni di Uzzano, ha dovuto combattere i suoi incubi. La vigilante stava trasportando in banca solo della corrispondenza, ma una banda di tre malviventi l’ha aggredita credendo di rubare del denaro. Le ecchimosi sulle gambe e sui polsi segnano ancora il corpo della donna, ma i segni più difficili da cancellare sono quelli che hanno sfregiato l’anima. «Sono 18 anni che faccio questo lavoro - racconta - e anche se sono stata coinvolta in sparatorie e in numerose aggressioni, questa volta è stata veramente choccante».
Cosa l’ha ferita di più?
«Erano uomini a volto coperto, non mi era mai successo. Sono stata bloccata con la faccia a terra e ho seguito la rapina sono con la forza dell’intuizione. Adesso che tutto è passato il mio cervello cerca di ricostruire la scena che però non ho visto. Così l’immagine riaffiora come un’allucinazione».
Lei è una vigilante professionista, come si è comportata?
«Per lavoro ho l’abitudine di guardarmi sempre alle spalle. Così mi sono accorta subito che quando la Panda bianca con uno dei ladri è arrivata a tutta velocità dietro di me, qualcosa stava succedendo».
Di fronte all’aggressione ha cercato di reagire?
«Ho cercato di calmare i due malviventi che sono sbucati dopo l’arrivo dell’auto da dietro la siepe. Quando mi hanno bloccata è iniziato un dialogo serrato tra me i miei aggressori: ho inventato di essere incinta».
Cosa le hanno detto?
«Stai zitta e ferma e non ti succederà niente: sono queste le parole che continuavano a ripetere nervosamente».
E lei?
«Ho risposto sempre con calma sottolineando che non portavo soldi e che stavano facendo un buco nell’acqua. Poi mi hanno chiesto le chiavi della cassa continua e gliele ho passate».
E la pistola?
«E’ stato il momento peggiore. Lì ho cercato di fare resistenza e ho detto: tutto ma non la pistola».
Cosa rappresenta un’arma per una guardia giurata?
«E’ un elemento che fa parte della nostra professionalità. Ho sempre dato precedenza al dialogo. Il fatto che i rapinatori me l’abbiano buttata via e che adesso non si trovi mi crea un grande dispiacere».
Ha mai sparato?
«Mai. La vera arma nel nostro lavoro è la testa. Devi saper affrontare le situazioni non facendo sparatorie da film d’azione. Anche in questo caso, il peggiore della mia carriera, la cosa più importante è stata non perdere il controllo».
Quando i rapinatori sono scappati cos’ha fatto?
«Ho guardato se avevano lasciato le chiavi, come poi è stato, quindi ho chiamato le forze dell’ordine, ma mentre digitavo il numero l’adrenalina calava e le difese pure».
Ha pianto?
«No, non ci sono riuscita. Anche se non mi sono sfogata sono determinata a superare la paura. Amo il mio lavoro, ma non è giusto rischiare la vita per mille euro al mese».