Massa, 20 maggio 2011 - Scandalo delle cremazioni multiple: «Devono pagare a caro prezzo quello che hanno fatto». Indignati i parenti dei defunti oltraggiati si sono sfogati ai microfoni della “iena” Giulio Golia. Dopo “Mi manda Rai Tre”, lo scandalo del cimitero di Mirteto è sbarcato su Mediaset: le Iene hanno fatto un’incursione in città e intervistato parecchi testimoni, vittime degli orrori sui quali la città di Massa sta conquistando, purtroppo, popolarità mediatica.

 

LE TELECAMERE di Golia hanno ripercorso il “fattaccio”, partendo da immagini choc riprese nel forno degli orrori: due, tre, quattro salme sovrapposte finivano nell’inceneritore, insieme a sacchi di resti umani, rifiuti ospedalieri e «carcasse di cani — come ha affermato con orrore Leda Giannoni — . Aprivano le bare e gli toglievano gli abiti, se erano belli». Per rivenderli, come affermò un’altra testimone al momento dello scandalo, quando riconobbe al mercato lo scialle personale in cui aveva avvolto la madre. «E vendevano pure i fiori — ha aggiunto Danila Spinetti — . Li lasciavamo accanto alla bara ma il giorno dopo non c’erano più». Per non parlare del riciclo di bare, maniglie, crocifissi e coperchi: nell’intercettazione riproposta dalla “iena”, non ci sono dubbi: «Qualcosa rimane? Sì, i coperchi. E che ci fate? Le porte, no?». Porte di casa, rifinite con le maniglie in ottone staccate alle bare e non riconsegnate ai familiari. Nessun rispetto per i defunti.

 

«Mia nonna avrebbe voluto riposare accanto a suo marito — ha spiegato Sara Morelli — ma a chi appartengono i resti contenuti nell’urna che ci hanno dato?». Per due anni e mezzo la ditta Euroservizi ha gestito due tipi di cremazioni: «Quelle di salme “fresche” — detto dalla “iena” — e di salme vecchie, riesumate. Ed era con quelle che la ditta guadagnava, non registrando e cremando in nero». Poi, sul retro del forno, si riempivano sacchi di cenere mischiata a sabbia (ne vennero trovati 550 chili), per riempire le urne da consegnare ai parenti. Drammatica l’esperienza di Francesco Mancuso: «Sono stato uno dei pochi a poter riavere le ceneri di mio padre. Dopo tre anni ho riconosciuto il suo corpo vilipeso ed ottenuto l’urna con i suoi resti». L’urna “vera”, che ha sostituito l’altra, contenente chissà chi.

 

INFINE, le sette ore di attesa sotto la casa di Renato Alibani, non hanno scoraggiato Golia. Al citofono la moglie ha gridato: «Basta ingigantire questa la storia». Alibani, sorpreso di sera, si è rifugiato nell’ascensore. Al cimitero, il consigliere Stefano Benedetti, che ha accompagnato il trasgressivo giornalista, ha indicato le celle frigo dove ancora si conservano le salme di alcuni defunti. Una storia orribile, che ha segnato la città da quando i carabinieri intervennero nel maggio 2007. Le operazioni si sono concluse nell’agosto del 2008 con l’arresto di 13 persone. Il processo è ancora in corso.